Statuto, forma di governo e sistema elettorale regionale

Pubblichiamo anche sul blog, con il consenso di Lucia Serino, questo articolo di Antonio Ribba sul tema del nuovo Statuto e della forma di governo regionale. Argomento importante, che sarà al centro della discussione politica lucana nei prossimi mesi. L’ingegneria istituzionale certamente, e di per sé, non crea lavoro, e sappiamo che la regione vive una durissima crisi economica e sociale. Ma un cattivo disegno delle istituzioni, tale da produrre instabilità ed inefficienza, può sicuramente contribuire, per vie indirette, a distruggere attività economica. L’articolo è stato pubblicato sul Quotidiano di Basilicata il 4 aprile. Buona lettura (si fa per dire).

Un importante nodo politico-istituzionale che dovrà essere sciolto nelle prossime settimane, in vista dell’approvazione del nuovo Statuto, riguarda la scelta della forma di governo da adottare per la Regione Basilicata.

Nella stesura dello Statuto sono state lasciate aperte due strade: (a) forma “presidenziale”, ovvero elezione diretta da parte dei cittadini del Presidente della Giunta; (b) forma “parlamentare”, con elezione del Presidente all’interno del Consiglio regionale.

Strettamente associato al tema della forma di governo regionale, per quanto non si tratti di materia statutaria, è l’individuazione di una nuova legge elettorale in grado di garantire stabilità e, possibilmente, processi non distorsivi della libera scelta degli elettori.

1. Forma di governo: presidenziale o parlamentare?

Sarebbe un errore abbandonare il sistema di elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione per tornare ai sistemi in auge ai tempi della Prima Repubblica. Epoca in cui, parlo in termini generali e non specificatamente della Basilicata, i governi si facevano e si disfacevano, ancor prima che nelle aule parlamentari, nelle segrete stanze delle segreterie dei partiti, regalando così all’Italia il primato europeo dell’instabilità e della vista (oltre che della vita) corta dei governi. Il problema che oggi si ha di fronte, chiuso un lungo ciclo politico e istituzionale ventennale, è quello di innovare politica ed istituzioni piuttosto che operare nostalgici restauri del mondo antico. Peraltro, una importante differenza rispetto agli 70 e 80 del secolo scorso, è che a quel tempo i partiti avevano una forte capacità di orientamento dell’azione dei rappresentanti, mentre oggi il ruolo dei partiti risulta assai affievolito e spesso gli eletti nei Consigli sono entità estremamente individualistiche, talvolta impegnate in complesse attività di transumanza politica. In sostanza, l’elezione diretta dei presidenti di regione ha consentito una maggiore stabilità nei governi regionali e sarebbe miope rimettere in discussione questi progressi.

A questo punto occorrono, però, alcune osservazioni. La prima è che l’espressione “forma di governo presidenziale”, per le regioni italiane, è comunque impropria. Infatti, una peculiarità dell’ordinamento italiano è che si prevede la possibilità della sfiducia al Presidente della Giunta da parte del Consiglio regionale. Tuttavia questo è, in realtà, un istituto tipico delle forme di governo parlamentari. Così, la possibilità di una mozione di sfiducia verso il Presidente eletto a suffragio universale è prevista anche nel nuovo Statuto, in coerenza con l’articolo 126 della Costituzione.

Aggiungiamo che un fattore dissuasivo di questa procedura è che una volta approvata la sfiducia, a maggioranza assoluta dei consiglieri, cade la giunta ma si ha simultaneamente lo scioglimento del Consiglio regionale. Non è dunque un caso se queste mozioni di sfiducia “distruttiva” hanno rappresentato eventi rari nella realtà italiana degli ultimi 15 anni.
Una seconda osservazione è che la forma “presidenziale” regionale non è incompatibile con un ruolo di rilievo del Consiglio, per quanto attiene alla definizione dell’indirizzo politico. E lo Statuto lucano in via di approvazione preserva, in effetti, questo ruolo del Consiglio.

La terza osservazione è che, proprio guardando alla Basilicata, il concetto di stabilità associato all’elezione diretta del Presidente della Giunta è un po’ scivoloso: si sono avute ben 6 differenti giunte negli ultimi 8 anni (inclusa la costituenda). Tuttavia, credo che questa sia solo una conferma del ben noto fatto che le crisi strutturali di un sistema socio-economico non possono essere certo guarite in via taumaturgica dalle ingegnerie istituzionali. Aggiungendo, però, che scelte sbagliate sul fronte del disegno delle istituzioni possono contribuire a peggiorare la crisi strutturale di sistema ed indurre ulteriore caos.

2. Il nodo della legge elettorale regionale

È auspicabile che accanto alla conferma del modello quasi-presidenziale si adotti una nuova legge elettorale basata su collegi uninominali. Una regione di 580.000 abitanti può essere suddivisa in 20 collegi consistenti di circa 25.000 elettori. In ciascun collegio si eleggerebbe, dunque, un consigliere regionale, consentendo da un lato una selezione consapevole dei rappresentanti da parte dei cittadini e, dall’altro, una rappresentanza equilibrata in Consiglio di tutto il territorio regionale. Attualmente, il sistema elettorale favorisce, invece, una concentrazione abnorme della rappresentanza nelle maggiori città. Per tornare ai partiti ed alla loro antica capacità di indirizzo, questa anomala concentrazione “metropolitana” della rappresentanza sarebbe stata comunque impensabile, pur a sistema elettorale dato, fino a qualche decennio fa.

L’alternativa ad un sistema basato su collegi uninominali è una legge elettorale con preferenze, possibilmente con la cosiddetta doppia preferenza di genere per favorire una maggiore rappresentanza femminile nell’istituzione. Un buon esempio dell’uso perverso che si può fare di questo sistema si è avuto con le parlamentarie del Pd dove, peraltro, a dispetto del meccanismo di doppia preferenza con obbligo di alternanza di genere, nessuna donna si è collocata nei posti utili per l’elezione al Parlamento. Quello che in realtà abbiamo visto all’opera è stato un alacre attivismo di notabili e colonnelli del partito nello studiare, e poi nel promuovere, opportuni ticket elettorali. Credo sarebbe interessante un’inchiesta giornalistica per spiegare come i principali dirigenti del partito abbiano piegato il meccanismo della preferenza di genere ai propri calcoli politico-elettorali. Mai dimenticare, in effetti, che siamo pur sempre nel profondo Sud, con il nostro onorato ceto politico impegnato a conservare, orgoglioso, usi e costumi feudali.

Sempre in tema di usi e costumi meridionali, studi relativi alle elezioni regionali del 2010 hanno mostrato che c’è stata una tendenza tripla nel Mezzogiorno, rispetto al Nord, ad esprimere il voto di preferenza. Clientele, correntismo esasperato ed elevati costi delle competizioni elettorali sono gli inevitabili sottoprodotti di un sistema elettorale fondato sulle preferenze.
Quanto alla questione di genere, oramai d’obbligo per ogni ragionamento politicamente corretto, un sistema elettorale basato sui collegi uninominali potrebbe (o dovrebbe) prevedere l’obbligo per partiti e coalizioni di candidare nei 20 collegi per almeno il 50% donne. Per un fattore meramente statistico, sperando poi aiuti anche la qualità delle prescelte, tale obbligo dovrebbe consentire l’effettiva elezione di un numero di consigliere stimabile tra 5 e 10. Ovvero, una rappresentanza femminile compresa tra un quarto e la metà del totale.

Da notare, infine, che il sistema in vigore per l’elezione dei Presidenti di Provincia e dei Consigli provinciali può essere la base su cui edificare una buona legge elettorale regionale.

3. L’annosa questione degli assessori esterni.

La questione assessori esterni versus interni al Consiglio è diventata francamente stucchevole. Tuttavia, proprio la discussione sulla scelta della forma di governo regionale può aiutare a dirimere, o almeno ad impostare in modo più corretto, il problema. Nei sistemi ad elezione diretta del presidente, i componenti del governo non sono scelti, generalmente, all’interno delle assemblee elettive, essendo i ministri o gli assessori legati da un rapporto collaborativo e fiduciario direttamente con il Presidente. L’opposto accade, invece, nei sistemi parlamentari: in questi il Presidente riceve la fiducia dall’assemblea e diventa quindi naturale, oserei dire perfino inevitabile, che i ministri (o gli assessori) siano espressione dell’assemblea. Dunque, è da ritenere che, data la vigente forma presidenziale, alcune affermazioni sulla presunta importanza dell’investitura popolare per gli assessori (cioè sull’opportunità che questi siano scelti tra gli interni al consiglio) siano abbastanza infondate. Intendo, infondate alla luce delle relazioni che sussistono tra Giunta e Consiglio in ambito di forma presidenziale ed al netto delle pur sempre legittime aspirazioni personali dei Consiglieri.

Naturalmente, nella scelta finale della forma di governo, si dovrà avere consapevolezza del fatto che un sistema presidenziale ha qualche costo economico in più, visto che ai 20 consiglieri regionali dovranno, eventualmente, essere aggiunti i 4 assessori scelti all’esterno del Consiglio dal Presidente della Giunta. Ritengo sia una spesa che l’ente regionale si potrà in futuro comunque consentire, visto che a partire dalla prossima legislatura, e grazie alle norme di taglio dei costi per la rappresentanza politica locale, i costi di funzionamento complessivi del Consiglio e dei gruppi consiliari passeranno, nel caso della Basilicata, da circa 7 milioni e mezzo di euro annui ad una cifra di poco superiore ai 4 milioni annui. In ogni caso, mentre è sempre doveroso tener d’occhio costi e sprechi della politica, non si dovrebbe mai fare l’errore di limitare i costi a danno dell’efficienza e della stabilità delle istituzioni.

10 Comments

  1. Giovanni Caserta says:

    Strana questa difesa in termini economici degli assessori esterni, come se 50-60.000 euro al mese per quattro assessori esterni siano una bazzecola. Questo, poi, si dice dopo aver sferrato i più feroci attacchi ai costi della politica. Si parla del sistema presidenziale come se il presidente lo propongano i cittadini e non i partiti. Del carattere formale e vacuo delle primarie si ha già troppa conoscenza. Con gli assessori esterni, caro Ribba, non si forma una giunta, ma una squadra. E quanto ci sia di deleterio nel concetto di squadra è inutile che io dica. Non per niente fu termine proposto da Berlusconi. Poche domande per non portarla per le lunghe: Chi, come e dove si scelgono gli assessori esterni? A chi obbediscono gli assessori esterni? Da chi dipende la loro permanenza in squadra, e quindi, pardon!, la loro indennità? Quale autonomia hanno rispetto al capitano, che è anche arbitro e può espellerli al minimo prwesunto fallo? Quale rapporto riescono a instaurare con il Consiglio e, quindi, con in veri rappresentanti delle popolazioni? Non si è abbastanza stanchi del mito dei tecnici al potere, pur ammettendo che gli assessori esterni siano tecnici e non semplici amici degli amici? Insomma, è proprio una questione stucchevole?

  2. AntonioR. says:

    I costi della politica che ho ripetutamente attaccato hanno riguardato: gli sprechi ingiustificati ed i guadagni individuali arbitrari, come i rimborsi benzina non legati ai consumi effettivi per la trasferta che facevano lievitare le buste paga dei consiglieri; i privilegi individuali degli eletti nelle istituzioni, tra i quali forse il più importante è un’età di pensionamento anticipata rispetto ai comuni lavoratori nonchè un ammontare di pensione troppo elevato in quanto non commisurato ai contributi effettivamente versati e che dunque deve essere implicitamente coperto dalle tasse dei cittadini; indennità eccessive, non in un senso assoluto, ma rispetto alla richiesta di durissimi sacrifici che nel frattempo venivano rivolte ai ceti medio-bassi per risanare la finanza pubblica.
    Su tutti questi tre fronti qualcosa è stata fatta, sulla spinta della crisi, su impulso del governo nazionale e su stimolo, diciamo così, delle indagini della magistratura. A me non ha neanche mai convinto la tesi che la riduzione da 30 a 20 del numero di consiglieri fosse così nefasta per questa regione, come sostenuto da Speranza e da altri esponenti del Pd. Infatti, in futuro avremo un consigliere ogni 30.000 abitanti circa. Va più che bene e questo sarà associato alla riduzione del numero di assessori da 6 a 4. Anche questa riduzione ho sostenuto nei miei interventi pubblici.
    Invece, non ho mai concordato in questi ultimi due anni con la tesi che fosse auspicabile scegliere gli assessori all’interno del Consiglio. E anche di questo ho scritto pubblicamente. Mi pare ovvio che la mia posizione non è rivolta a difendere la scelta di una Mastrosimone, giusto per fare un esempio, cioè di una dirigente politica risarcita con l’assessorato della mancata elezione. La mia idea è che la scelta di personalità esterne, competenti e dunque qualificate per l’incarico, potesse contribuire ad elevare la qualità dell’azione di governo. Nella scelta degli esterni di De Filippo non è stata questa, in genere, la logica e dunque se ne sarebbe potuto fare certamente anche a meno.

    In questo mio ultimo intervento ho voluto inquadrare la questione esterni-interni all’interno della scelta tra modelli alternativi di governo. Visto, tra l’altro, che una delle due opzioni dovrà essere a breve scadenza selezionata. In effetti, dal commento di Giovanni Caserta, appare che la sua opzione è per un sistema parlamentare (se ho capito bene), cioè con presidente della giunta eletto all’interno del consiglio regionale. In questo sistema è naturale la scelta degli assessori tra i consiglieri eletti. Io propendo, e ne ho spiegato i motivi, per il mantenimento dell’elezione diretta del presidente della giunta da parte dei cittadini. Con inevitabile scelta del candidato, almeno di quello del centrosinistra, con primarie le più aperte e le più trasparenti possibili. Ho sottolineato che nel caso prevalga questa opzione, sarà naturale anche in futuro la scelta all’esterno degli assessori. Scelta fatta in ragionevole autonomia dal presidente eletto, come appunto accade in tutti i sistemi presidenziali del mondo.
    Infine, non mi sembra di aver fatto una difesa economica della scelta degli esterni, che non c’è alcun bisogno di difese se il sistema adottato è di tipo presidenziale. In realtà, ho inteso porre in modo trasparente la questione dei maggiori costi, quantificati nel costo annuo di 4 assessori esterni, rispetto alla forma di governo parlamentare.
    Naturalmente, dovremmo pur calcolare, quale sia il costo economico e sociale occulto dello stallo e della instabilità politica, come ci sta rivelando anche la crisi politica nazionale. E, dunque, di qui a mio parere l’importanza di una scelta attenta della forma di governo regionale.

    Io concordo con Giovanni Caserta sul fatto che la Prima Repubblica produsse uomini politici di prim’ordine, in tutti gli schieramenti e soprattutto nella sua prima fase, a cui appartiene anche Giorgio Napolitano. Quel che è certo, però, è che l’instabilità politica fu forte e la durata e la vista dei governi molto breve. Un sistema parlamentare puro fu la scelta migliore, forse anche d’obbligo, all’indomani della caduta del fascismo ma oggi i tempi sembrano maturi per forme di governo democratiche più solide e più stabili anche a livello nazionale.

  3. LucianoD says:

    Mi aggiungo alla schiera di quelli che ritengono dia più stabilità l’elezione diretta del presidente che non l’elezione attraverso una successiva trattativa tra consiglieri, con tutte le negative implicazioni che essa racchiude. È sotto gli occhi di tutti che il sistema più efficiente è quello dell’elezione diretta del sindaco e mi auguro che ci si avvicini il più possibile a questo. Se anche il Presidente del Consiglio fosse stato eletto in questo modo, non assisteremmo al vuoto di potere nazionale che proprio in questi giorni stiamo vivendo.
    Vorrei piuttosto chiedere a Ribba, che segue da vicino ed è esperto dell’argomento, se i redattori del nuovo Statuto hanno affrontato un altro aspetto della questione. Mi riferisco a quello delle incompatibilità temporali nella politica. Personalmente ritengo che una delle cause principali della degenerazione della politica è quella della permanenza infinita delle stesse facce nei posti di potere. È previsto ad esempio un limite di 2 mandati, con obbligo successivo di un periodo di riposo “politico” e ritorno al mondo del lavoro “laico”? Credo sia indispensabile il ritorno al concetto di politica come servizio per la società prestato per un periodo limitato, e non una professione, un “cursus honorum” a vita che obbliga alla ricerca del consenso e delle clientele d’appoggio. I politici devono avere un mestiere alternativo, devono ricevere una pensione semplice dall’INPS come tutti gli altri cittadini e il periodo politico deve essere un semplice periodo di contribuzione come gli altri; basta vitalizi nobiliari, privilegi e porcherie simili. Dovremo sempre assistere a spettacoli come quello che in questi giorni offre il deputato Folino, che deciderà quando gli farà comodo quale poltrona è più conveniente per lui tra Camera e Regione, dimostrando che la poltrona regionale vuota per mesi è una poltrona inutile?
    Al di la dei tecnicismi, la redazione del nuovo Statuto che va avanti in modo inconcludente da anni (da quando? 5 anni? 10 anni?), può essere l’occasione per introdurre nella vita lucana importanti elementi di moralizzazione, di regole che se non vengono scritte a lettere cubitali, lasciano poi cadere in tentazione chiunque, anche chi parte con le migliori intenzioni.

  4. Giovanni Caserta says:

    Una sola battuta: che cosa e chi è stato più continuo di Berlusconi, Tremonti e … Mussolini? Siete proprio soddisfatti di tale e tanta continuità? La democrazia – diceva Lapalisse,- è nella centralità del Parlamento (e del Consiglio), non nell’esecutivo. Ogni dittatura ha sempre avuto come obiettivo il rafforzamento del capo del governo o dux (non più, purtroppo, primo ministro). Era l’idea fissa di Craxi. E che cosa è stato il craxismo (parola, per fortuna, cancellata dallo Zingarelli), lo sappiamo e lo sapete. Ieri Mussolini volle fare del Parlamento un bivacco di camicie nere; in tempi nostri, Berlusconi ci ha mandato i suoi avvocati, i suoi consulenti tributari e le sue favorite. E poi…una domanda: ma erano proprio cretini i padri della nostra Costituzione,”la più bella del mondo”?

  5. gioschi says:

    i nostri padri costituenti erano, a loro volta, figli di un meraviglioso concetto di democrazia, quelladegli uomini saggi che si preoccupavano del bene della comunità, per cui mai e poi mai avrebbero pensato ad accordi al ribasso, ad inciuci, a giravolte politiche, pur di mantenere il sedere al calduccio sulla poltrona…oggi abbiamo una classe dirigente CHE NON SI SCHIODA…una classe dirigente, quindi, che farebbe di tutto per rimanere dov’è, persino indicare, quale capo del governo (nazionale, regionale ecc.ecc.) un impresentabile…una classe dirigente che non molla, che prova ad accumulare più e più incarichi e che ha l’abilità e la faccia tosta di negare qualsiasi colpa…faccio due esempi: la levata di scudi in difesa di bubbico, quasi un “padre emerito” per la nostra regione, del quale si elogia la storia ma poi non si spiega il perchè noi siamo nella cacca (non che sia solo colpa di bubbico, per carità, ma a volte non si capisce di chi si ala colpa)….e poi l’ultima simpatica dichiarazione del vicesindaco cappella che, ad un incitamento dell’acuto foschino risponde scaricando la colpa su burocrazia, dirigenti, funzionari, forse anche consiglio comunale…praticamente NESSUNO è capace di prendersi una responsabilità o una colpa…e dire che, molta di questa gente sta lì da anni, mica da settimane, ed ha girato un pò tutti gli uffici e gli incarichi, per cui avrebbe avuto il tempo e il modo di porre un freno a questa burocrazia, a questi dirigenti, a questi funzionari, a questi consigli….ecco allora cosa urge: limite di mandati, non sovrapponibilità delle cariche (e se uno si candida a qualunque cosa lo deve fare CON LE MANI LIBERE, ossia deve prima dimettersi da altri incarichi politici, perchè deve rischiare il proprio sedere, non tenersi sempre la ruota di scorta)…quindi credo sia meglio far scegliere al popolo il capo del governo regionale, almeno in questo si assommeranno le responsbailità e sapremo a chi dare la colpa, senza distinguo (compreso il fatto che, in caso di guida deludente e mancata sfiducia da parte dei consiglieri, le colpe si divideranno equamente 🙂 )…circa gli assessori interni/esterni direi che non è solo un problema di costi….servono competenze e professionalità civica e tecnica, oggi gli assessori vengono scelti solo per professionalità politica….personalmente io sono per la incompatibilità fra la carica assessorile e quella di consigliere regionale, perchè (la storia recente ci insegna) abbiamo avuto consiglieri regionali che sono andati a fare gli assessori senza doversi dimettere e, una volta dimissionati sono tornati in consiglio a rompere i cog….ni quasi in un tentativo di vendetta, per cui è facile fare gli assessori minacciando che, se mi “licenziate” torno in consiglio e vi faccio vedere io….

  6. LucianoD says:

    Chiedo al prof Caserta, che chiaramente preferisce il sistema della delega parlamentare per i vertici e cita addirittura Mussolini come prova dei rischi che l’alternativa comporta, ma Obama in carica per 4+4 anni è antidemocratico? Hollande in carica per i prossimi 5 anni continuati è una degenerazione della democrazia? E Cameron e tanti altri? La garanzia che la cosa non degeneri è il limite a 2 mandati, così come accade a tanti Presidenti americani che tornano semplici cittadini dediti a conferenze. Questo ovviamente non vale per Putin che si prolunga i mandati. In quanto a Berlusconi, se ci fosse stato il limite ai mandati, ce lo saremmo tolto dalle palle già da una decina d’anni. E poi lei è forse nostalgico della lunga stagione democristiana, dove i vari governi balneari e di scopo duravano mediamente 6 mesi, perché nel Parlamento le varie correnti recalcitravano per accelerare il loro turno nella gestione del potere, impedendo la scrittura di una qualsivoglia legge perché mancavano i tempi materiali per portare a conclusione l’iter parlamentare?
    Mi piacerebbe che mi chiarisse meglio la sua opinione

  7. AntonioR. says:

    Interessanti spunti di LucianoD e di Gioschi sulla questione del limite di mandati per presidente e consiglieri da inserire nello Statuto regionale. Questione senz’altro da approfondire e da rilanciare nel dibattito pubblico sul nuovo Statuto.

    Caro LucianoD, dire che sono un esperto della materia è davvero un parolone!

    Ha ragione Giovanni Caserta nel richiamare il valore democratico avanzato della vigente Costituzione italiana. Ma questo non è incompatibile con l’osservazione che un sistema politico, economico e sociale evolve, inevitabilmente e nel bene e nel male, in un arco di quasi 70 anni. Anche la struttura geopolitica è profondamente mutata. L’Unione sovietica e il blocco comunista sono scomparsi e la Germania si è riunificata. Il quadro mondiale influì molto, e giustamente, sull’orientamento super-parlamentare della nostra Costituzione: il PCI non poteva (nella sostanza) aspirare al governo dell’Italia ma riusciva così ad esercitare un severo controllo della funzione legislativa e ad influire sull’indirizzo politico. Date le condizioni storiche del dopoguerra, un compromesso, o una sintesi, di alto livello. Sempre per quanto attiene alla particolare forma di governo parlamentare adottata.

  8. Giovanni Caserta says:

    Qualcuno si scandalizzerà, ma non ritengo la repubblica presidenziale americana più democratica di una repubblica parlamentare all’italiana. Né le altre. In America vota un piccola percentuale di americani e vale soprattutto il potere economico cui un presidente si sostiene (anche noccioline). E poi, dietro, c’è una storia diversa. L’America democratica, in ogni caso, è anche quella che ha fatto guerre su tutto il pianeta, violando il sacro principio dell’autodeterminazione dei popoli (Vietnam, Iraq, Afghanistan, dove ieri sono morti, sotto i bombardamenti NATO, 10 bambini e due donne, Palestina contro Israele…). E dice di farlo in nome di Dio (sic). In realtà è solo perché ha il miglior armamento del mondo, compresa la bomba atomica. E ha la sedia elettrica e la pistola facile. Con quanto danno abbia fatto e faccia le sue guerre, giudicate. Mie fotografie sono presso la CIA americana per un mio viaggio in America nel 1982, fatto con missini e democristiani. Solo a me e al sen. Guanti, recentemente scomparso, perché comunisti, imposero fotografie di profilo e di fronte e limiti di permanenza a tre giorni. E poi, tanto per capirci, provate ad ammalarvi e ad essere disoccupati negli Stati Uniti! E non dimenticatevi di Sacco e Vanzetti, dei coniugi Rosenberg, della sedia elettrica, di Guantanamo… Ma mi fermo e vengo a noi. Io giudico le cose dai risultati e domando: Dove ci hanno portato i governi della prima Repubblica “discontinua”, che ereditavano una Italia appena uscita dalla guerra? E dove ci ha portato la seconda Repubblica “continua” , che ereditava una Italia ancora settima potenza mondiale? Purtroppo, ma anche meno male, ci ha portato al governo Monti, cioè ad un governo di salute pubblica! Infine: siete proprio contenti dei “governatori” che in tutti questi anni hanno governato le regioni ? “Governare”, sappiatelo, era parola che i contadini usavano quando davano da mangiare ai cavalli e alle galline. Siam forse cavalli e galline?.

    • LucianoD says:

      Mi sento obbligato ad aggiungere qualcosa all’interessante scambio di vedute con il prof Caserta, che si sta ampliando a tematiche che ci possono portare lontanissimo e non voglio abusare eccessivamente dell’ospitalità di Hiperbros . Per questo mi limito a considerare la “democraticità” o meno dell’America, senza entrare nel merito del giudizio sulla politica americana. Lei dice che gli USA non sono democratici, allora dobbiamo innanzitutto intenderci su cosa intendiamo per DEMOCRAZIA. Per me un paese è democratico quando manda al potere chi esprime la volontà della maggioranza dei suoi cittadini mediante un sistema a suffragio universale ed agli altri lascia una rappresentanza che possa esprimere le istanze delle minoranze ed un potere di controllo sull’operato. E tutto questo va verificato periodicamente con libere elezioni. Ed Obama come i suoi predecessori è venuto fuori da una lunga selezione nei due partiti che sicuramente ha comportato la spesa di un fiume di denaro, ma già questo è un altro discorso. Ed il successo di un nero in un paese che fino agli anni sessanta viveva la tragedia della segregazione razziale, è la prova della grandezza della democrazia americana dove le idee nuove possono trovare il loro spazio.
      Ora può capitare che la maggioranza vittoriosa possa avere orientamenti o simpatie che a me sono sgraditi, ma se non l’accetto quale alternativa ho? Che la mia minoranza soppianti la maggioranza e manipoli il voto in qualche modo? Non credo proprio sia questa la via democratica che lei si prefigura. Posso solo propagandare le mie idee sperando che la prossima volta trionfino. Se questo ragionamento è sbagliato o superato, mi faccia capire in cosa.
      Circa l’umiliazione che lei dovette subire in occasione del viaggio col consiglio regionale, mi pare ovvio che va inserito nel contesto dell’epoca. Lei si presentava come comunista in piena guerra fredda, cioè simpatizzante di quell’URSS di brezneviana memoria che il concetto di democrazia elettiva non lo concepiva neppure ed il fallimento di quel sistema è sotto gli occhi di tutti, tanto che oggi solo qualche inguaribile nostalgico si fa chiamare ancora comunista.
      Anche il confronto tra l’Italia della prima repubblica e della seconda non può prescindere dal contesto storico, anche se ovviamente non è l’unico fattore. Ora c’è la globalizzazione con la Cina in prima fila che è diventata la fabbrica del mondo e drena quotidianamente posti di lavoro manifatturieri che costituivano la nostra ricchezza del boom anni 60, quando eravamo noi i cinesi del mondo, a cui si aggiunge il vincolo europeo che ci impedisce quella periodica svalutazione della lira che ci manteneva competitivi a svantaggio di una alta inflazione. E poi non dimentichiamo che l’enorme debito statale che oggi ci paralizza è nato proprio in quelle decadi di spesa allegra in cui tutti cercavano un consenso facile, dimenticando irresponsabilmente che stavano scaricando sui propri figli un fardello insopportabile.

  9. AntonioR. says:

    Telegrafico per dire che nei prossimi giorni mi propongo di riprendere pubblicamente alcune questioni sulla forma di governo regionale emerse anche in questo dibattito su Hyperbros. In particolare, la necessità di un limite al numero di mandati per il presidente, auspicabile anche per i consiglieri regionali. Ma temo che quest’ultimo punto, sui consiglieri, sia difficilmente inseribile nello statuto.
    Un’altra questione su cui mi riprometto di intervenire riguarda una strana incompatibilità che introduce l’attuale formulazione dello statuto tra ruolo di consigliere e ruolo di assessore, con il consigliere nominato assessore che verrebbe temporaneamente sostituito tra i non eletti. A mio parere, si tratta di norma ai confini della costituzionalità (le regioni decidono da sè le incompatibilità) e comunque la norma appare come un modo surrettizio per svuotare di significato la norma di legge nazionale che ha fissato a 20 il numero dei consiglieri della Basilicata. In sostanza, si inventa una sorta di rotazione, a turno, per i migliori non eletti: una specie di contentino.
    Sembra proprio una norma che sarebbe preferibile eliminare.

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