A quanto pare la recente produzione di Pino Oliva è stata parecchio apprezzata dai collaboratori di questo blog (mi riferisco a quelli che l’hanno letta dal momento che il sottoscritto ancora non lo ha fatto). Quelle che pubblico – e lo faccio volentieri – sono le riflessioni di Angelo Giordano, antico collaboratore ed amico del blog, oltre che appassionato di “storie di guerra”. Le sue – al solito non banali – riflessioni sono meritevoli a mio parere di esser lette, nell’attesa come è ovvio ormai, di aprire un blog dedicato esclusivamente a queste vicende 🙂
Donato Mola
Rappresentata come in un dramma greco, con tanto di coro delle testimonianze a posteriori.
E, in scena, Matera. I Materani ed i tedeschi: comprimari. Protagonista: la Guerra.
Ho apprezzato sia l’accurata ricostruzione splendidamente asettica che le tavole, di sicuro non asettiche, gonfie di cordoglio e sgomento per qualcosa di così inconsueto dalle nostre parti: violenza e morte. La cronaca è scarna. Arrivavano i canadesi ma alcuni materani non hanno voluto aspettare.
Certo, non una folla, solo alcuni. E senza una ragione specifica: una ruberia in più? Un ennesimo sopruso? Perchè prendere le armi contro i tedeschi?
Chi, poi, prende le armi contro i tedeschi? Tutte domande legittime. Ma di interesse limitato agli storici ed appassionati.
Purtroppo, quello che interessa ai contemporanei, però, è altro: inserire i fatti del 21 Settembre (in particolare, ma l’intere Resistenza in generale) nella casella politica di preferenza.
Da un lato l’insurrezione popolare è assunta a Dogma fondante dalla Sinistra che si affanna ad inglobare nelle fila delle brigate partigiane anche chi coi partigiani del Nord ha poco a che vedere e ad escluderne chi, invece, agli onori giustamente riservati ai partigiani, avrebbe pieno diritto (mi riferisco ai militari dell’Esercito Italiano Co-Belligerante).
Dal versante opposto, i tentativi di squalificare il significato politico della Resistenza attraverso tentativi di equiparazione tra camicie nere e partigiani.
Si sa, l’Italia è la paria della Leggenda Metropolitana assunta a sentenza di Cassazione, quindi, non mi meraviglio assolutamente della massiccia adesione al luogo comune anche tra gli stessi italiani degli “italiani traditori (e pure a quello degli italiani imbelli) durante la Seconda Guerra Mondiale”.
Eppure non mancano nemmeno gli storici tedeschi (primo fra tutti Erich Kuby, il Tradimeto Tedesco) che rimettono le cose a posto denunciando che a tradire l’Italietta mussoliniana fu sempre e solo la Germania Nazista che trascinò l’Alleato Mediterraneo in una lunga sequenza di inganni, partendo dalla questione di Danzica fino alla Ritirata di Russia e agli ultimi mesi di alleanza militare.
Per non parlare del giudizio di Rommel sui bersaglieri italiani: “Il Soldato Tedesco ha stupito il Mondo, il Bersagliere Italiano ha stupido il Soldato Tedesco”
Ben pochi dei nostri “storici” si sono posti domande tipo:
“Cosa avevano in comune un impiegato materano che accoltella un tedesco in un barbiere, uno studente bolognese che fa saltare una mina sotto un camion tedesco qui a Castenaso ed un tenente del regio esercito inquadrato nel gruppo di combattimento Folgore che prende a mitragliate una pattuglia di paracadutisti tedeschi sfondando la Linea Gotica?”
Perchè si resta nell’Esercito dei vili Savoia pur di cacciare i tedeschi dall’Italia facendosi a piedi da Brindisi a Bologna?
Se ci fossero e non ci fossero repubblichini patrioti piuttosto che partigiani criminali è questione di gran lunga secondaria rispetto a queste domande.
Perchè si rischia la vita con gli alleati alle porte?
Prima ancora di voler disquisire sui buoni e sui cattivi, su partigiani e repubblichini, io vorrei una risposta a queste domande.
Che Matera non sia stata Alba è certo, che qualcosa in comune l’abbiano, Matera ed Alba, lo è altrettanto. I fatti parlano chiaro: a Matera il popolo non fece le barricate. Ma qualcuno sparò contro i tedeschi. E i tedeschi erano il nemico. Per i reduci dell’Africa, dei Balcani e della Russia non valeva il luogo comune “Italiani traditori e vigliacchi”. Loro erano stati lasciati indietro a coprire le tante fughe tedesche (in camion, mentre i nostri andavano a piedi) da El Alamein al Don. E sapevano. Per gli italiani del 1943 le cose non erano così scontate come per noi.
A Matera qualcuno sparò contro i tedeschi considerando insopportabile la loro vista anche se sarebbe stato ‘comodo’ aspettare i canadesi il giorno dopo. Comodo, già. Troppo comodo. Come il seguito della Storia Cittadina ha dimostrato, la comodità non è sinonimo di bene comune.
E’ un dato di fatto che non abbiamo mai fatto i conti con la nostra guerra civile. Gli americani, per esempio, sono venuti a patti con la loro “War Between the States” e riescono a scriverne la Storia senza contrapposizioni ideologiche
Ma c’è di peggio:
la Retorica che cancella la Storia.
Seppure l’interpretazione dei fatti del 21 Settembre fosse quella di gesti isolati da parte di pochi e non di rivolta di masse popolari stile Ottobre Rosso la medaglia d’argento al valor militare resterebbe comunque giustificata dalla banalità dei fatti:
i tedeschi erano il nemico. E, a Matera, i tedeschi sono stati combattuti. Non come era comodo. Ma come era giusto.
La Storia della Resistenza di Partigiani e Soldati italiani contro l’invasore è sufficientemente densa di gloriosa retorica per tutti, senza dover tirare la coperta dalla propria parte, se solo ci si sforzasse di studiarla.
Forse, il dono più prezioso di quest’opera è l’apertura con cui lascia al lettore la possibilità di interpretare i sentimenti mentre i fatti sono, invece, incisi nei disegni come pietra.