Lo “Sblocca Italia” e il prezzo del petrolio

Luci e ombre per la Basilicata

Il premier Matteo Renzi durante  l'incontro con  i governatori delle Regioni nella sala Verde a Roma, 23 ottobre 2014.

Il premier Matteo Renzi durante l’incontro con i governatori delle Regioni nella sala Verde a Roma, 23 ottobre 2014.

Il decreto cosiddetto “Sblocca Italia” è stato approvato dalla Camera dei Deputati e nel giro di una decina di giorni, pena la decadenza, dovrà essere approvato anche dal Senato. Tuttavia, nel caso al Senato dovessero essere approvate ulteriori modifiche, il decreto dovrà tornare alla Camera per la definitiva approvazione. Dunque, in realtà, i tempi per la discussione in Senato sono assai stretti.

Ci sono stati in questi giorni diversi interventi pubblici, in particolare da parte del governatore e dei parlamentari lucani, volti a spiegare il bello e-o il brutto, dipende dai gusti, del decreto così come modificato nel passaggio parlamentare.

Propende per il bello la lettura che ne danno, rispettivamente, il Presidente della Regione, Pittella, e il capogruppo Pd, Speranza. Soddisfatto ma ancora con qualche dubbio residuo Folino, mentre è invece decisamente negativo il giudizio di Liuzzi e di tutto il gruppo 5Stelle. Soddisfatta è anche la parlamentare Pd, Antezza, mentre Latronico (Forza Italia) e Barozzino (Sel) hanno votato no alla fiducia, come la Liuzzi.

Potendo beneficiare di tutte queste autorevoli e informate ricostruzioni sullo “Sblocca Italia”, in questo post potrò evitare di entrare nel dettaglio delle misure approvate, per provare invece a ragionare sull’essenza dei problemi ancora aperti per la Basilicata.

In pillole, rispetto alla prima stesura del decreto da parte del governo Renzi, la Regione ha ottenuto un discreto incremento in termini di risorse effettivamente utilizzabili per lo sviluppo e per la coesione sociale, sia attraverso il parziale sblocco delle royalties e di altre risorse per gli investimenti pubblici, che attraverso un reindirizzo delle risorse in precedenza destinate alla card carburante verso misure più equilibrate di assistenza sociale. Nemmeno da sottovalutare, per quanto comunque non si tratti di atti legislativi, l’importanza dei vari ordini del giorno approvati soprattutto su spinta dei parlamentari Pd, dal tetto alle estrazioni fissato a 154 mila barili, all’indirizzo su una maggiore concertazione Stato-Regione nella gestione petrolifera.

Queste le luci. Le ombre riguardano, in particolare, la sostanziale conferma della centralizzazione del processo decisionale in tema di autorizzazioni e concessioni alle compagnie petrolifere per lo sfruttamento degli idrocarburi, in nome della identificazione delle estrazioni quale attività strategica di rilievo nazionale. Ma, a dire il vero, un’altra ombra (a questo stadio, però, senza dubbio meno rilevante) riguarda la concreta realizzabilità delle “promesse risarcitorie” per la regione, visto che lo stato di difficoltà della finanza pubblica richiederà una valutazione continua da parte del centro sul concreto ammontare di risorse da destinare, di anno in anno, alla Basilicata.

Per provare a essere un po’ chiari, non è che il famoso Memorandum, nel corso degli anni, sia stato riposto in un cassetto solo per la cattiva volontà dei governi nazionali o per la limitata capacità di incidere dei governi regionali; il problema principale della sua mancata attuazione sta invece nell’affannosa esigenza di predisporre successivi piani di rientro dall’elevato debito pubblico italiano, che ha determinato tagli a diversi piani di spesa e di investimenti pubblici programmati negli anni precedenti la grande crisi.

Il prezzo del petrolio (p)e(r) la Basilicata

Per quanto il petrolio, come mezzo di produzione, non giochi più nelle economie industrializzate il ruolo cruciale degli anni sessanta e settanta, tuttavia, nell’attuale modello di sviluppo, resta una risorsa strategica. Ma strategica per chi? Forse per il Paese ma, purtroppo, quasi sicuramente non per le zone interessate dalle estrazioni. Cioè, è ormai abbastanza chiaro che per la Basilicata i costi complessivi (ambientali, sociali etc.) eccedono i benefici: se nella regione dovesse tenersi oggi un referendum sul petrolio, con alta probabilità prevarrebbe la linea del “rinunciamo sia al petrolio che ai connessi, presunti, benefici economici”.

Peraltro, appare ugualmente chiaro che questa scelta non può essere di esclusiva competenza della Regione e dei cittadini lucani, per cui se il petrolio ha da essere ancora estratto per vent’anni allora, banalmente, è meglio beneficiare di maggiori risorse aggiuntive per lo sviluppo. In effetti, qui mi pare risieda il punto debole della strenua opposizione 5Stelle alle estrazioni e la connessa critica ai risarcimenti monetari: fondamentale coinvolgere le istituzioni e la comunità locale nella scelta, ma la Basilicata non è una Repubblica autonoma che possa decidere da sola. Dunque, se questo è il quadro, ben vengano i piatti di lenticchie rappresentati dalle royalties e dagli altri benefici economici compensativi.

Mi è pure chiaro che, coerentemente al rifiuto delle estrazioni, il Movimento 5Stelle progetta anche un superamento del modello di sviluppo economico e sociale italiano. Ma non si scorge la effettiva realizzabilità di questo progetto sull’orizzonte dei prossimi vent’anni.

Il titolo di questa sezione fa riferimento sia al “prezzo del petrolio”, inteso come costo per la regione, sia al prezzo di mercato della materia prima, in sé. È in effetti utile soffermarsi brevemente su questo punto, per provare a mettere a fuoco le possibili implicazioni della recente caduta del prezzo del petrolio per la Basilicata.

A fronte di un prezzo medio del petrolio, sul quale vengono calcolate le royalties per il 2014, pari a circa 105 dollari al barile, nelle settimane recenti il prezzo al barile ha perso il 20%.: siamo dunque intorno agli 80 dollari. Nulla di particolarmente epocale e, tuttavia, dovesse persistere la caduta, o anche solo stazionare il prezzo intorno a questi valori, ci sarebbero rilevanti conseguenze per i bilanci delle compagnie petrolifere.

È ben noto come il prezzo del petrolio sia assai instabile ed, inoltre, anche difficilmente prevedibile, essendo legato a una molteplicità di fattori economici e politici. È però indiscutibile che in questa fase economica ci sia un eccesso di offerta di petrolio in giro per il mondo, frutto anche degli eccessivi investimenti realizzati da paesi e da compagnie nel corso degli anni 2000. Se aggiungiamo a questo eccesso di investimenti in ricerca ed estrazioni, il contesto macroeconomico mondiale di bassa crescita e, cosa assai importante, il “decoupling” che si profila sui tassi d’interesse tra Europa e Stati Uniti (tassi in rialzo negli USA e, per un periodo prolungato, mantenuti invece bassi in Europa), decoupling in grado di causare un ulteriore apprezzamento per il dollaro, allora la previsione sembra propendere per una fase, non brevissima, di debolezza del prezzo del petrolio.

Il punto è che man mano che il prezzo del petrolio scende e, soprattutto, persiste nella sua discesa, un numero crescente di progetti d’investimento delle compagnie devono essere via via abbandonati, perché non più redditizi o, non meno importante, perché non più finanziabili. Va detto che la redditività per le compagnie degli investimenti in estrazioni di petrolio lucano permane, comunque, anche a livelli ben più bassi di prezzo, rispetto agli attuali 80 dollari. In sostanza, saranno altri progetti nel mondo, eventualmente più costosi, ad essere abbandonati (o rinviati) per primi.

L’ENI, negli anni scorsi, ha basato la propria politica di investimenti su uno scenario prudenziale di prezzo futuro del petrolio fissato a 90 dollari. Dunque, siamo al di sotto di quella proiezione ma non in misura drammatica. Invece, dovesse ulteriormente ridimensionarsi nei prossimi mesi il prezzo del petrolio, diventerebbe difficoltoso reggere un aumento dell’indebitamento finanziario e, quindi, crescerebbe la quantità di progetti di sviluppo a cui ENI ed altre compagnie dovrebbero rinunciare. Almeno temporaneamente.

La Basilicata salvata dunque dal crollo del prezzo del petrolio? Per quanto paradossale e pure con qualche indesiderata conseguenza in termini di minori incrementi dei ricavi da royalties, trattasi di scenario che, seppure al momento non probabile, non può essere del tutto escluso.

Tirando le somme sulle ombre dello “Sblocca Italia” e sul famigerato articolo 38

Merito al Governatore ed ai parlamentari lucani per i miglioramenti ottenuti sul piano delle risorse compensative per la Basilicata. Avevo affermato in un post precedente che la Basilicata stava chiudendo per decreto e che i nostri alti rappresentanti mostravano di non contare un ca***. Alla luce della nuova evidenza disponibile, possiamo senz’altro affermare che un certo riscatto, da parte dei nostri parlamentari, ci sia stato e che, quindi, l’affermazione che essi non contino un ca*** debba essere un tantino ridimensionata.

Resta aperta la seria questione del ruolo che le istituzioni e la comunità locale dovrebbero giocare in tema di valutazione d’impatto ambientale e, più in generale, in tema di processo concessorio verso le compagnie. Resta infatti intatto il punto che questo ruolo concertativo della Basilicata non possa essere eliminato per decreto (per quanto convertito in una legge dello Stato).

In sostanza, tocca ora ai senatori lucani scavare l’ultima trincea per una modificazione dell’articolo 38 finalizzata a riconoscere un maggior ruolo (sostanziale, non solo formale) alla Regione Basilicata nelle scelte sulle estrazioni future. La riforma costituzionale ancora non c’è, se mai ci sarà nella forma disegnata nella prima approvazione al Senato, e la costituzione, anche in epoca di decisionismo di sinistra, non si cambia con un decreto legge.

10 Comments

  1. gioschi says:

    il valore del petrolio va calcolato, semplicemente, per quello che produce in termini di risultato energetico ma anche in termini di tutto quello che la sua estrazione produce sul territorio…quanto dovrebbero pagare le compagnie petrolifere, se fosse calcolato il danno ambientale attuale e futuro (agricoltura e turismo distrutte) sul territorio lucano? ovviamente tralasciando le implicazioni legate alla salute: checchè ne dicano i soloni della politica regionale, impegnati a smentire ed insabbiare una amara verità, in basilicata si muore di tumore più frequentemente che in altre regioni…sfido chiunque a dire che sia assolutamente da escludere una ipotesi legata all’inquinamento di falde acquifere, grazie al quale il “veleno” nero raggiunge i lucani su tutto il territorio regionale…quanto valgono queste morti? a conti fatti, non è meglio lasciare il petrolio lì dove si trova?

  2. Kit Karson says:

    Per non dire delle pressochè quotidiane scosse di terremoto che negli ultimi anni si verificano tra Calabria e Basilicata. C’è chi le attribuisce alle attività estrattive …

  3. AntonioR. says:

    Infatti, caro Gioschi, si diceva che il petrolio è strategico, forse, per il paese ma, probabilmente, non per la regione che lo possiede. Però, non mi pare si sia nella condizione di poter scegliere di bloccare tutto. Quindi, dato il quadro, giusto rivendicare risorse per lo sviluppo della regione e chiedere di rafforzare i controlli. Così come è giusto chiedere che le istituzioni e la comunità mantengano un ruolo chiave nelle concessioni.
    Sul nesso perforazioni-terremoti, va detto onestamente che non esiste evidenza scientifica convincente. Almeno, questo dicono gli esperti.

  4. Paolo says:

    Il petrolio è strategico per i petrolieri, non per i cittadini. Chi trarrà profitto dalle estrazioni ? I petrolieri ed i loro lobbisti, non di certo i cittadini che avranno ripercussioni sul loro ambiente, sulla salute ed anche sul loro lavoro. E la Basilicata ha dei tristi record in questi campi. Non ci sono royalties che bastino per compensare le malattie e l’inquinamento ambientale che le estrazioni provocano. Siamo una regione ricca di sole, di mare, di cultura, di paesaggi stupendi, di prodotti agricoli di prima qualità e che fanno ? Aumentano le trivellazioni per estrarre più petrolio e affossare quello che è rimasto piuttosto che puntare sulle energie rinnovabili, sul turismo e sulla agricoltura che produrrebbero più lavoro e più benefici del petrolio.
    Secondo un recente rapporto dell’ONU bisogna ridurre le emissioni da fonti fossili del 70% nel più breve tempo possibile altrimenti i danni climatici saranno irreversibili. Lo sblocca Italia va nella direzione opposta, tanto per cambiare.
    Questi cialtroni stanno “regalando” un futuro nero petrolio ai nostri figli.
    Sul nesso perforazioni-terremoti non ci sono evidenze scientifiche che le provano, ma nemmeno che le escludono. In medicina, nei casi dubbi, vale il principio di precauzione “primo non nuocere” che si applica quando si hanno dei rischi di cui non si ha conoscenza certa. Dovrebbe valere anche per le perforazioni.

  5. Kit Karson says:

    Caro Professore, pare comunque che il nesso estrazioni-terremoto, se non è evidente, non è nemmeno escluso dagli scienziati, almeno da una parte di loro:

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/11/sisma-emilia-commissione-esperti-non-si-puo-escludere-rapporto-tra-estrazioni-e-terremoti/948206/

  6. Giovanni Caserta says:

    Sulla questione petrolio, al di là della soddisfazione che si può provare a votare a contro (se però, con uno scatto di dignità, l’avessero fatto anche deputati e senatori del PD non sarebbe stata cosa indifferente e inutile), bisogna convenire che essa è questione nazionale e non regionale. Il problema è altro. La Basilicata potrà anche essere coperta di oro attraverso le roialties; ma non ha la forza politica, e soprattutto le capacità e le attrezzature culturali, tecniche e civili per investire in modo produttivo e sano la valanga di denaro che dovesse arrivare. Il bonus benzina, che io, per ragioni etiche, non ho mai ritirato, è l’esempio del livello cui possono arrivare l’intelligenza e la fantasia della nostra classe politica. E’ da anni che io insisto su un principio, che ebbe il suo valore al tempo della estrazione del metano nella valle del Basento, cioè che alle ditte estrattrici va fatto obbligo di investire in fabbriche e posti di lavoro nei Comuni interessati alla estrazione. Tra il 1961 e il 1981, mentre la regione passava da 644.297 abitanti a 603.064, mentre la provincia di Potenza passava da 444.166 a 406, la provincia di Matera, con inversione di tendenza, passava da 200.131 a 203.570. Pisticci e Ferrandina si arricchirono; vantaggi ne ebbero Matera e persino qualche paese dell’entroterra. Con le roialties i nostri Comuni e la nostra Regione non sapranno far altro se non realizzare le terze nuove panchine per far sedere gli emigrati a Ferragosto, o finanziare l’ennesima quanto stcchevole sagra di cruscki e lampascioni, presente il cantante di grido del momento. Insomma, festa, farina e forca.

  7. Giovanni Caserta says:

    Giovanni Caserta
    6 novembre 2014 alle 12:32 / Rispondi

    Sulla questione petrolio, al di là della soddisfazione che si può provare a votare contro (se però, con uno scatto di dignità, l’avessero fatto anche deputati e senatori del PD, non sarebbe stata cosa indifferente e inutile), bisogna convenire che essa è questione nazionale e non regionale. Il problema è altro. La Basilicata potrà anche essere coperta di oro attraverso le roialties; ma non ha la forza politica, e soprattutto le capacità e le attrezzature culturali, tecniche e civili per investire in modo produttivo e sano la valanga di denaro che dovesse arrivare. Il bonus benzina, che io, per ragioni etiche, non ho mai ritirato, è l’esempio del livello cui possono arrivare l’intelligenza e la fantasia della nostra classe politica. E’ da anni che io insisto su un principio, che ebbe il suo valore al tempo della estrazione del metano nella valle del Basento, cioè che alle ditte estrattrici va fatto obbligo di investire in fabbriche e posti di lavoro nei Comuni interessati alla estrazione. Tra il 1961 e il 1981, mentre la regione passava da 644.297 abitanti a 603.064, mentre la provincia di Potenza passava da 444.166 a 406.616, la provincia di Matera, con inversione di tendenza, passava da 200.131 a 203.570. Pisticci e Ferrandina si arricchirono; vantaggi ne ebbero Matera e persino qualche paese dell’entroterra. Con le roialties i nostri Comuni e la nostra Regione non sapranno far altro se non realizzare le terze nuove panchine per far sedere gli emigrati a Ferragosto, o finanziare l’ennesima quanto stcchevole sagra di cruscki e lampascioni, presente il cantante di grido del momento. Insomma, festa, fa

  8. E62 says:

    Più che vantaggi la pseudo industrializzazione della valle del Basento creò solo tanti operai, perennemente in cassa integrazione.

  9. TANTO RAF says:

    Concordo con Prof. Caserta,le estrazioni di metano fatte in ValBasento negli anni 60 portarono la modernità nei comuni dell’area.Certo strapparono all’agricoltura le energie ed i terreni migliori,certamente hanno lasciato uno strascico di bonifiche da compiere da cui l’Eni è scappata mettendole a carico dello stato.tesi di Prof.Ribba condivisibili ma cambierei il punto di partenza:problema non è chi decide su nuove estrazioni,ma perchè gia adesso le compagnie non sono riuscite ad estrarre barili autorizzati?in pratica stiamo a parlare di far raggiungere i 180km orari, ad una macchina che ha seri problemi nell’andare a 100

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