DI ANTONIO RIBBA – La tesi centrale sostenuta in questo post è che alle prossime elezioni regionali (e nazionali) saranno in competizione 4 aggregazioni politiche di un certo rilievo e che, di conseguenza, un sistema elettorale quale il Tatarellum, tuttora in vigore in Basilicata, in quanto pensato in origine per un sistema bipolare, non sia più adeguato ai tempi.
Occorre introdurre una nuova legge elettorale che, sulle orme del sistema introdotto per primo in Toscana nel 2014, preveda il doppio turno di voto nel caso nessuno dei candidati alla Presidenza ottenga al primo turno almeno il 40% dei voti.
La diaspora a sinistra
È ormai in atto una diaspora nel Pd. Ovvero, una nuova forza politica collocata alla sinistra del Partito democratico è, inevitabilmente, destinata a svilupparsi. Questo processo è molto chiaro a livello nazionale ma meno chiaro, per ora, a livello regionale. Tuttavia, anche in Basilicata, è solo questione di tempo. Né, ritengo, basterà il cappello di Roberto Speranza, leader della minoranza Dem e determinato, almeno a parole, a restare nel Pd, a fermare questa tendenza.
In effetti, in relazione ai diversi gusti, il Partito democratico di Renzi può risultare più o meno interessante o attraente ma, mi pare indubbio, esso sta prendendo il largo dalla tradizione riformista della sinistra europea, verso un approdo ultra-moderato. Qual è la cultura politica che esprime oggi il Pd? A me pare una Democrazia cristiana con venature liberali e con l’aggiunta di una scorza di personalismo assente in quella tradizione. Molto bene, ma c’è carenza di sinistra, cioè di un approccio riformista più radicale che sposa l’economia di mercato ma che è in grado di vederne i limiti, soprattutto nella sua incapacità di autoregolazione richiedendo, di conseguenza, un ruolo attivo da parte dello Stato per correggerne le storture ed attuare una redistribuzione del reddito a favore delle fasce sociali più deboli.
Inoltre, per una forza di sinistra, i corpi intermedi della società economica e civile sono parte essenziale del sistema e vanno riconosciuti come tali. Per modificare l’aforisma della Signora Tatcher, che tanto fascino tuttora esercita: l’individuo esiste, accanto alla società. Una forza politica riformista deve bandire il corporativismo e perseguire l’obiettivo di una società aperta ma deve anche riconoscere che se sul mercato ci sono solo “entità individuali” allora, in particolare sul mercato del lavoro, gli individui sul lato dell’offerta di lavoro (cioè i lavoratori) sono destinati inevitabilmente a soccombere.
Aggiungo che questa politica riformista, a mio parere, deve attuarsi dentro una dimensione europea. L’unione monetaria, mal progettata e male attuata, deve comunque considerarsi solo il primo passo verso una costruzione politica e federale europea.
La nuova geografia politica, lucana e nazionale
Il centrodestra continuerà ad esistere ed un’alleanza tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sarà altamente probabile. Ciò soprattutto a livello nazionale, visto che in Basilicata la Lega è quasi inesistente. Il Partito democratico invece, sia a livello nazionale che regionale, va verso un’alleanza con il Nuovo centro democratico. Del resto, governano insieme da oltre due anni e il rientro nel Cdx è alquanto problematico per Ncd. In Basilicata, accanto al ticket Pittella-Viceconte, ci saranno parte dei socialisti e i moderati-conservatori del Centro democratico. Come si diceva, appunto, una coalizione simile all’antica Democrazia cristiana.
Una nuova formazione di sinistra, anche in Basilicata, ha un potenziale elettorale intorno al 20%. Alla prova dei fatti potrà essere un flop o un successo anche superiore, dipendendo da vari fattori oggi non tutti ponderabili. Infine, il Movimento 5 Stelle nei prossimi anni continuerà ad essere forza politica di rilievo e non si può nemmeno escludere sia in grado di contendere a Renzi, alle prossime politiche, il governo del paese, nel probabile secondo turno di ballottaggio previsto dall’Italicum.
L’importanza del Lucanellum
Va ricordato che il secondo turno nella legge elettorale nazionale è previsto nel caso nessuna lista raggiunga il 40%. Inoltre, il premio di maggioranza prevede che la lista vincente ottenga il 55% dei seggi alla Camera.
Invece, a livello di regioni, la filosofia del Tatarellum, sistema con premio di maggioranza a turno unico, è largamente prevalente. Fatta eccezione, come si è detto per la Toscana, che nel 2014 ha introdotto la possibilità del ballottaggio nel caso nessun candidato alla presidenza della regione ottenga il 40% al primo turno.
In sostanza, il Toscanellum conserva l’elezione diretta del governatore ma introduce l’eventualità del ballottaggio. A mio parere, nel tempo, i sistemi elettorali regionali dovranno inevitabilmente convergere verso questo sistema, seppur con autonome varianti, dal momento che in un quadro politico con contesa tra 4 aggregazioni medio-grandi, è forte il rischio che una coalizione possa vincere le elezioni regionali con consenso relativamente modesto, comunque molto lontano dalla maggioranza assoluta, ottenendo però grazie al premio la maggioranza dei seggi. In pratica, è la medesima preoccupazione che ha indotto il Parlamento nazionale ad introdurre la soglia minima del 40% affinché una lista possa ottenere il 55% dei seggi! Altrimenti, in alternativa, ballottaggio.
A proposito di varianti, il Lucanellum dovrebbe adottare come schema base la legge elettorale toscana ma con gli opportuni correttivi. Ad esempio, la Toscana conserva la possibilità (non l’obbligo) del listino e, inoltre, attribuisce il premio di maggioranza in modo variabile, in relazione all’entità del consenso elettorale. Per la Basilicata sembra preferibile prevedere comunque un premio di maggioranza tale da garantire alla coalizione del governatore il 60% dei seggi (meno, equivarrebbe a una maggioranza consiliare molto risicata). Così come il vituperato listino è preferibile abolirlo del tutto.
Pittella e il flebile riformismo lucano (quasi) a metà legislatura
Una nota finale sul riformismo di Pittella. Tutto sommato, dato il quadro economico-sociale assai difficile, non si può dire che abbia fatto malissimo. Certo, neppure troppo bene.
In realtà, egli non fece la rivoluzione ma, a quanto pare, non sta facendo neppure le vere riforme. Un classico esempio è l’istituzione dell’amministratore unico per le partecipate regionali, già applicato per la più grande società pubblica di Basilicata, Acquedotto Lucano. È questo il riformismo? Del problema delle partecipate, e più in generale del sistema di gestione pubblico lucano, si parla da anni. Qui la vera riforma sarebbe l’introduzione di elementi di mercato nel sistema, congiunta alla drastica riduzione della discrezionalità politica. In verità, una volta al potere, pare che Pittella abbia interpretato la rivoluzione più che altro come un travolgere “i tuoi con i miei”. Dove “i miei” possono anche essere personaggi dell’antico regime, sempre fedeli alle istituzioni e, quindi, ai governanti vecchi e nuovi.
Aggregazioni regionali e, successivamente, sovraregionali; creazione di società multiutilies; ricorso al mercato dei capitali con ingresso dei privati ma prevedendo il mantenimento del controllo pubblico; infine, quotazione in Borsa. Questa, mi pare, sia una strada più convincente verso le riforme e finalizzata all’efficienza.
Altro esempio evidente del flebile riformismo di Pittella è l’approvazione della recente e famigerata mozione gender, retriva e ultra-conservatrice, in Consiglio regionale. Certo, non si tratta di un atto di governo, ma Marcello sempre attento pure alle virgole sulle questioni economico-petrolifere, si è distratto sulla questione di genere, con la Basilicata che ha approvato una mozione che ci sta coprendo di ridicolo in tutta Italia. Peraltro, con assenza decisiva del presidente al momento del voto, congiuntamente al suo fedele consigliere Robortella.
Di passaggio, osservo che se il governatore dà per acquisita un’alleanza organica futura con Ncd allora, forse, non solo di distrazione o di improvvida minzione si trattò!