Giampiero Perri è il direttore generale dell’Azienda di Promozione Turistica (APT) di Basilicata ed è un buon emblema di quello che va e che, soprattutto, non va in questa regione.
La parte che va, riguarda un grado di competenza dell’uomo abbastanza riconosciuto nonché la capacità del (fu) Partito-Regione, ed in particolare di Folino, di fungere da attrattore rispetto a quel che di dinamico si muove nella società, anche sul versante più conservatore dello schieramento politico-culturale.
La parte che non va ha, invece, a che fare con il famoso modello di socialismo burocratico instaurato in questa regione dal centrosinistra. Si pensi, a questo proposito, proprio alla parabola di Perri:
- (a) nasce negli anni 90 come giovane politico ed esponente di rilievo del centrodestra lucano;
- (b) cresce robusto, nel decennio successivo, quale importante manager nel settore pubblico regionale;
- (c) matura bene, minacciando (quasi) ad ogni tornata elettorale di tornare in pista con proprie autonome iniziative politiche e così finendo, puntualmente, per essere riconfermato negli incarichi pubblici;
- (d) invecchia discretamente, visto che per le elezioni regionali anticipate del 2013 annuncia di nuovo l’intenzione di mettersi in proprio, alla testa di una lista espressione della cosiddetta società civile.
Dunque, tra qualche mese, scopriremo se stavolta l’uomo torna davvero alla politica istituzionale, eletto in Consiglio regionale, oppure se ottiene l’ennesima riconferma alla guida di APT o comunque un qualche incarico nell’eterno valzer delle nomine pubbliche. La mia personale preferenza sarebbe per una terza via: che Perri torni alle sue personali attività.
Per intenderci, non è che io sia contrario all’ingresso in politica di manager, imprenditori, professionisti, operatori del volontariato, operai e quant’altro, possibilmente di buono, possa esprimere la società civile e quella economica. Tutt’altro. Ma, e mi ripeto sempre abbastanza volentieri su questo tema, penso sia necessario superare in Basilicata il rapporto incestuoso tra politica ed economia (non solo pubblica) ed inoltre piantarla con i passaggi disinvolti, e ripetuti nel tempo, da incarichi politici verso manageriali, con biglietti di andata e ritorno. In sostanza, si deve rompere un sistema pubblico inefficiente e perverso in cui si usa la politica per rafforzare il ruolo di partiti e correnti nella gestione economica e si usa la gestione (pseudo)manageriale negli enti e nelle società pubbliche regionali per rafforzare ulteriormente la posizione competitiva di partiti e correnti. Un sistema circolare utile per gli aggregati di potere ma dannoso per la comunità lucana.
In quest’ottica, la polemica delle ultime ore sulle larghe spese in autopromozione turistica nella Regione Basilicata, a fronte di bassi ritorni in termini di presenza turistica, non moltissimo aggiunge al quadro appena pittato.
Ha perfettamente ragione Perri quando piccato sostiene, nel comunicato di risposta alle critiche ricevute, che sia logico per una regione non ancora attrattiva sul fronte turistico spendere di più in promozione (e in proporzione) rispetto a regioni che invece già risultino attrattive.
Cioè Rizzo, nell’articolo di ieri sul Corriere della Sera e basato su uno studio di Confartigianato, fa in effetti un po’ di confusione sui nessi di causa-effetto. Tuttavia, nel prosieguo del comunicato, Perri scivola nell’abitudine, un po’ italiana, del massaggiare i dati a proprio uso e consumo. Infatti, l’eventuale errore sul numero di presenze registrate nel 2011 in Basilicata è troppo piccolo per poter influenzare in modo significativo la grandezza della spesa (in promozione) per turista.
Inoltre, nel contestare il dato riportato da Rizzo sulla dimensione di spesa per autopromozione, mi pare che il direttore generale scivoli verso un sentiero malcerto: per prima cosa, quel che davvero conta è che la metodologia adottata nello studio sia omogenea per ciascuna regione, in modo tale che i confronti statistici siano dotati di senso; per seconda, e non meno importante, tanto nell’articolo del Corriere della Sera che nel comunicato di Perri, il concetto identificativo di “spesa regionale per la promozione turistica” non è chiaramente precisato ed è ovvio che piccole varianti nella definizione adottata possano produrre notevoli differenze di misurazione.
Così, nell’articolo di Rizzo si parla di 9,2 euro di spesa per turista in Basilicata; Perri ridimensiona il dato a 4,2 euro ma sostiene, anche, che isolando le voci di spesa relative alla comunicazione e marketing in senso stretto si potrebbe scendere perfino sotto i 2 euro. Infine, Simonetti, guardando alla spesa turistica regionale aggregata, afferma che il dato di 9,2 euro per turista sarebbe addirittura sottostimato. È dunque chiaro, e perfino banale, che differenze così strabilianti nei numeri dipendono unicamente dalla peculiare definizione adottata da ciascun studioso, manager o (ex) politico.
In sintesi, il direttore generale di APT è competente e politicamente sveglio. Non sono in grado di valutare in modo accurato i risultati conseguiti nella sua attività manageriale pubblica ma, d’altro canto, penso che la mia comprensione generale della politica e dell’economia lucana sia sufficiente per indurmi alla conclusione che il rinnovamento in questa regione non passi solo per il pensionamento del 90% circa del nostro ceto politico in attività, cosa comunque necessaria, ma che sia opportuno anche il pre-pensionamento dei personaggi alla Giampiero Perri: avete dato e avete avuto, ma ora è tempo di raccogliere i ferri e di tornare a casa.
In anni relativamente lontani, a Potenza sostenni, in un convegno indetto dalla Amministrazione Provinciale, avendo di fronte Michele Mirabella:
1. che la cultura non fa economia, o, almeno, economia autosufficiente. Anzi è comunemente assistita.
2. che lo stesso deve dirsi del turismo (soprattutto se culturale)
3. che, come sempre succede in regioni di scarsa cultura e debole economia, cioè sottosviluppate, puntualmente ci si attacca al superfluo e al fatuo. Non c’è paese in via di estinzione, nella nostra regione, che non sogna il riscatto attraverso il turismo, pur essendo noto e vero che di solo turismo riuscirebbero a vivere, forse, solo Firenze e Venezia. Ora anche Colobraro aspetta il riscatto dal turismo, per giunta iettatorio; e Senise da sempre sogna sui peperoni, Potenza si illude persino del “serpentone”…
Con queste premesse, nella nostra regione, segnata da un tentacolare partito-regione (che candiderà gli indagati corrotti e vincerà), esistono i miti di uomini che, inamovibili e buoni per tutte le stagioni, ancora non hanno capito l’importanza di dedicarsi al ruolo di nonni. Galleggiano da decenni cognomi che, a guardare i risultati della loro presenza, non hanno dimostrato capacità né tecniche, né culturali, né morali, ma solo amicizie e lobbies ben utilizzate..
Quanto alla politica per il turismo, un regionalismo ai confini col federalismo, colpa e vergogna della destra, ma ancor di più della sinistra, se ne è stravolto il senso. “Chi pensava – scrive Rizzo – che l’attribuzione di competenze sul turismo alle Regioni, avvenuta con la pasticciata e controversa riforma del titolo V della Costituzione voluta nel 2001 da un centrosinistra all’inseguimento della Lega Nord, avrebbe finalmente fatto ripartire quello che dovrebbe essere uno dei principali motori della nostra economia, deve vedersela adesso con i numeri”. Il libero mercato ora è diventato mercato di anime. Vedi la politica delle iscrizioni scolastiche e la guerra fra istituti, dirigenti e docenti, che nulla di buono ha portato, se non astio. Nel campo del turismo, ogni regione, in fase di concorrenza, non pensa se non a “sottrarre” turisti alla regione appena confinante. Se si potesse, il turista lo si farebbe a brani. A te la testa, a me il piede. E giù con convegni, spot, fiere, stand, lucidi dèpliants, manifesti… Intanto l’ufficio dell’ APT di Basilicata ha sede a Potenza. Ma tutti, dall’interno del PD, compresi De Filippo e Bubbico, Adduce e Folino, scrivono che centro di attrazione del turismo regionale è Matera.
Sarei curioso di conoscere il dato suddiviso per aree della regione.
Sul Pollino, ma anche il Vulture non scherza, si organizzano eventi su eventi gratuiiti o quasi, con nomi di un certo spessore per un numero di spettatori spesse volte risibile.
Concordo con il prof. Caserta quando dice che la cultura non fa economia autosufficiente.
Ad esempio, tutti i teatri lirici italiani chiuderebbero senza la copertura di enti locali.
Non che il finanziamento pubblico sia un male in questi casi, ma basta essere coscienti che un certo tipo di cultura “alta” va aiutata se la si vuole tenere in piedi ed evitare tante tavole rotonde e conferenze spesso utili solo ad ingrassare il proprio ego e i portafogli di qualche amico; in fin ndei conti lo stesso si fa, per lo sport olimpico che senza gli stipendi garantiti dalle squadre militari, si limiterebbe agli sport di squadra, ciclismo e poco altro.
Per quanto riguarda lo specifico caso di Matera, ritengo inoltre che la sua “lucanità” sia un danno, turisticamente parlando, perché pur essendo più vicina a molte mete turistiche pugliesi, è incapace di fare sistema con queste per via della guerra tra Regioni diverse.
Buona la tua curiosità. E se l’informazione non è pubblica, come ritengo dovrebbe essere, richiede(rebbe) risposta da parte di Perri e di APT.
premessa: concordo pienamente con analisi e inviti (andate a casa a fare i nonni) di A.Ribba e G. Caserta, persone che conosco e stimo tantissimo. Però…………….che fare perchè ciò accada? Crediamo veramente che in modo volontario questa pseudoclasse dirigente vada a casa? crediamo davvero che qualche critica sul web, fagocitata velocemente dalla rete, possa preoccupare costoro? e poi, attraverso quali vie selezionare i nuovi? con primarie dalla dubbia efficacia e trasparenza? Mi convinco sempre piu che la partecipazione diretta nelle associazioni private di cittadini(partiti) sia la via maestra,ma deve essere partecipazione vera, disinteressata,anche inizialmente da posizioni di forte minoranza. In poche parole, occorre che il Partito ( PD) torni ad avere quella dirigenza che seppe a suo tempo individuare i Ribba e i Caserta, invitandoli a scendere in campo e ,per quel che ne so, senza vincoli particolari di libertà di pensiero.
Non è peregrina la tua osservazione. Tuttavia, io non trascurerei nemmeno la famosa battaglia delle idee, su cui in questi ultimi anni sia io che Caserta, così come altri, ci siamo cimentati. Con quali risultati, modesti o meno modesti, è materia d’opinione. Cioè, la politica si può fare in modo attivo, candidandosi nelle istituzioni e facendo stretta vita di partito-associazione, ma anche con la partecipazione civica al pubblico confronto. Anzi, rispetto al passato, meraviglia questa sostanziale assenza dei gruppi dirigenti locali dal dibattito pubblico e, quindi, da una interazione con i cittadini che è parte integrante del contributo che il politico dovrebbe offrire alla formazione di una pubblica opinione.
Ciò detto, aggiungo che non ci si può neppure (troppo) auto-candidare a qualcosa e che, come osservava Machiavelli, la storia è in parte autodeterminazione umana, in parte è questione di destino!
Condivido le perplessità circa l’assenza del PD Matera dal dibattito sulla rete, finanche nella sua pagina ufficiale. Una volta , per “parlare” a 1600 persone, quanti sono gli amici della pagina favebook del PD Matera, occorreva convocare decine di assemblee, spedire centinaia di lettere, macinare chilometri. Oggi nvece che si potrebbe farlo con un clik, nulla.
Ciò a mio parere,sottolinea ancora con piu forza il mi suggerimento di un impegno diretto dal “didentro”.Come scrivono quelli di “occupy PD”, se i disgustati se ne vanno rimangono solo i disgustosi. E in momenti cosi difficli ritengo che non possiamo permetterci di perdere intelligenze come quelle del prof. Caserta e non necessariamente per candidarsi o autocandidarsi a qualcosa. Personalmente ho gia dato, ma dopo alcuni anni di silenzioso isolamento, ho ripreso la tessera di appartenenza perche credo si sia giunti al limite del punto di non ritorno. Credo fermamente che occorra rottamare una classe dirigente vecchia nei metodi, negli obiettivi, nelle strade da percorrere. e lasciare spazio a tanti “giovani” non solo dal punto di vista anagrafico. Se quasi tutta la dirigenza ex DS si è lasciata democristianizzare dalla minoranza del PPI.Margherita, non vuole dire che la base e l’elettorato debba fare la stessa fine. Non so a te, ma a me ha fatto uun certo effetto leggere e sentire gli elogi di Colombo da parte di chi fino a qualche anno fa (in politica il tempo è molto relativo) lo riteneva il pricipale responsabile della arretratezza lucana.
Caro amico,
è davvero desolante vedere descritta l’esistenza di un uomo come dipendente dalla politica quando un curriculum pubblicato su sito ufficiale dell’APT mostra chiaramente percorsi professionali, studi, attività svolte che non hanno alcuna relazione con l’impegno politico da me svolto per 4 anni (dal 1995-al 1999). Un impegno che tentò di intercettare e interpretare una fase di cambiamento della società italiana e regionale e che fu fatto a mie spese, senza incarichi remunerati e con onestà intellettuale e finito per decisione dei vertici romani. Una storia che non conoscete e che forse meriterebbe maggior rispetto. Da allora non ho più svolto attività politica ma ho ripreso il mio impegno culturale e sociale oltre che le mie attività professionali considerando chiusa quella parentesi. Del tutto infondata è dunque la tesi secondo cui “periodicamente” minacci di occuparmi di politica per negoziare qualcosa. Sul finire del 2006, non uno o due anni dopo il mio impegno politico, mi viene proposto di fare il Commissario straordinario dell’APT probabilmente sulla scia di alcune iniziative da me ideate di una qualche rilevanza (Grancia, Volo dell’Angelo etc.) e per altre attività di rilievo nazionale (Iraq Virtual Museum, L’allestimento Mille Italia una Patria a Roma, L’Historiale di Cassino etc. e per studi e ricerche condotte nel settore dello sviluppo locale e del turismo. Dunque, caro Antonio, la tua ricostruzione avrebbe dovuto per lo meno essere documentata in qualche modo, ma questo si sa non è lo sforzo che si compie quando si parte da un pre-giudizio. Francamente di veder ridotto il racconto della mia vita cosi miserevolmente fa un certo effetto ed è come se io tentassi di ricostruire la tua sulla base dei pochi post che ho letto. Quanto al giudizio di Caserta sono ovviamente in disaccordo, il turismo è come il calcio si sa, ognuno si sente un CT con la ricetta giusta, io più modestamente cerco di stare ogni giorno sul “pezzo” con tutta la passione e le capacità di cui dispongo, sperando di dare cosi un contributo concreto e non teorico per fare un passo in più in un ambito dell’economia che se certo non è risolutivo fa pur sempre la sua parte.
Caro Direttore Perri,
non mi sembra di aver posto in discussione le sue capacità e competenze, che anzi ho subito sottolineato al principio del post. Io ho invece criticato un sistema di gestione del settore pubblico lucano in cui il confine tra politica ed economia è troppo labile, anzi, per essere più precisi, è troppo commisto.
E’ bene che personaggi qualificati, come lei, della società civile entrino in politica, ma va meno bene il fatto che entrino dentro un meccanismo di porte girevoli, dalla politica alla economia (pubblica) e dalla economia pubblica alla politica. Certamente, lei sarà a conoscenza del fatto che sono state introdotte di recente norme, nazionali, che vietano il passaggio da incarichi politici verso incarichi manageriali all’interno di società pubbliche, se non dopo adeguati periodi di quarantena. Sono restrizioni minime, davvero minime, ma credo che a pochi in questa regione, per tutta l’epoca di dominio del centrosinistra, sia venuto in mente che il sistema gestionale pubblico era, politicamente parlando, indecente.
Nè si vedono grandi segnali di ravvedimento, in verità.
Dunque, c’è un potere politico debole, ma assai invadente. Al contempo, una società civile che non si muove con adeguata indipendenza.
Più che pre-giudizi, come lei dice rimproverandomi, penso di aver proposto una critica ad un sistema politico-economico. E non mi sembra che lei contesti questa analisi, quanto piuttosto quello che lei ritiene sia uno sminuire la sua dimensione professionale. Cosa che, ripeto, io invece non faccio.
In conclusione, se lei deciderà di rientrare in politica, mi permetto di suggerirle interventi di riforma di sistema, e di comportamenti, in grado di aumentare rigore ed efficienza nell’area pubblica, nonchè una maggiore indipendenza tra gestione politica e gestione economica nelle società pubbliche. Penso siano riforme ancora più importanti del problema di ripensare i rapporti tra regione, Stato centrale e compagnie petrolifere per meglio tutelare gli interessi lucani. Anzi, se devo essere sincero, il tema di un movimento autonomista nella regione Basilicata, sul modello Sudtiroler, a cui lei sta lavorando, lo trovo francamente secondario e credo non colga i problemi di fondo, strutturali, di questa regione.
La legge a cui lei si riferisce che vieta il passaggio da incarichi politici a manageriali riguarda una casistica che nulla ha a che fare con la mia esperienza e storia personale ed è questo che contesto al suo primo intervento. Un tema che non vedo sollevare è quello della capacità. La mia preoccupazione come cittadino e credo non solo mia è che chi ricopre incarichi pubblici come manager dimostri di avere capacità. Il giudizio sulla cattiva politica si concreta quando la scelta su chi esercita un ruolo pubblico è fatto sull’unico criterio dell’appartenenza e non sul merito e sulle capacità. Il dramma dell’apparato pubblico, che si riflette anche nella superficialità di molti giudizi, è che nessuno si preoccupa dei risultati. Valutare i risultati è fondamentale nel sistema pubblico come nel sistema privato. La riforma Bassanini andava in quella direzione. In anni recenti invece son stati varati innumerevoli provvedimenti che stanno nuovamente appesantendo e burocratizzando la pubblica amministrazione con una produzione smisurata di procedure e di adempimenti formali che nulla hanno a che fare con le logiche di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa. La necessità di tagli alla spesa pubblica e la lotta agli sprechi hanno finito con il vanificare ogni sforzo di ammodernamento dell’apparato pubblico oltre a delegittimare, oltre ogni misura, il lavoro nel pubblico finendo cosi con il buttare “il bambino insieme con l’acqua sporca”. Io che ho operato per gran parte della mia vita professionale nel sistema privato e che ho fatto l’esperienza di manager pubblico (a tempo determinato) le posso assicurare che quando le scrivo è frutto non di una riflessione teorica ma della mia esperienza sul campo. La componente dell’economia pubblica in Basilicata è schiacciante, sul tema negli anni ho dedicato molte riflessioni ed interventi pubblici, e posto il problema delle condizioni che consentono la crescita di un’economia privata. Al contempo non si può prescindere dal dare efficienza alla componente pubblica formando la dirigenza (anche con una scuola di alta formazione) e acquisendo dalla società civile energie e professionalità in grado di apportare nuove motivazioni e nuovo slancio nel contesto pubblico proprio per evitare appiattimenti e rendite di posizione. Infine desidero precisare che il dibattito che ho inteso alimentare non riguarda una scelta autonomistica ma un pensiero regionalista che parte dalla constatazione della eccentricità lucana: una piccola regione in termini demografici al centro di interessi geo-economici e geo-strategici assai rilevanti derivanti dalla questione energetica, una comunità che necessiterebbe per far fronte a questi complessi ed onerosi processi industriali di una sorta di “sindacato” di comunità per meglio tutelare i propri interessi di sviluppo, di salvaguardia ambientale e di tutela della salute. Se di queste esigenze lucane i partiti nazionali dimostrassero di farsi pienamente carico cadrebbe ogni esigenza “sindacale” (cosa che in cuor mio mi auguro). In questa prospettiva per rendere più facilmente comprensibile la mia riflessione ho evocato il modello Sudtiroler. La Basilicata da al Paese (attraverso le estrazioni petrolifere) più di quanto riceva dai trasferimenti dello Stato e questa condizione è destinata a rafforzarsi. Un fattore questo che modifica sostanzialmente la percezione della Basilicata come una delle “palle al piede del paese” insieme alle altre regioni meridionali. Così non è. Un dato di fatto che dovrebbe portare a modificare il nostro peso negoziale nei confronti dello Stato nazionale e affrontare il nodo delle infrastrutture necessarie allo sviluppo che necessitano di rilevanti risorse pubbliche. La mancata soluzione di questo nodo rende marginali altre questioni. Questo è il mio convincimento. Si tratta di priorità. Nuove regole da sole non bastano, occorre una visione e condizioni strutturali perchè i beni ed i servizi prodotti in regione possano essere più competitivi e stare sul mercato. Ed occorre una società civile che agita questioni, sollevi domande, alimenti un dibattito, non necessariamente con proiezioni elettorali ma spronando chi si occupa di politica o vuole occuparsene a dare risposte. Tutto qui, ed è questa libertà e questo diritto che vorrei esercitare avendo a cuore il destino della mia comunità e non solo quello personale.