Il primo capitolo dell’agenda negletta delle regionali 2013 ha riguardato i costi della politica e il trattamento economico dei Consiglieri, con particolare riferimento alla vexata quaestio dei rimborsi spese per l’attività connessa al mandato. Il secondo, quello odierno, riguarda invece lo Statuto e la legge elettorale regionale.
Naturalmente, per “agenda negletta” intendo alcuni temi e problemi sui quali ci si aspetterebbe una particolare attenzione e riflessione da parte dei candidati alla Presidenza e delle coalizioni ma che invece appaiono, sorprendentemente, trascurati. Beninteso, trascurati non necessariamente da tutti i candidati visto che, per esempio, il tema dei costi della politica e della sobrietà istituzionale ha sempre giocato un ruolo di primo piano nelle proposte del Movimento 5 Stelle e sarà centrale anche in questa campagna elettorale.
Parlare dello Statuto significa parlare di riforme istituzionali a livello regionale, ovviamente per quanto concesso alle Regioni dalla cornice costituzionale. La Basilicata è fortemente carente su questo aspetto, essendo il nuovo Statuto in attesa di approvazione da circa vent’anni. Un punto molto importante riguarda il nesso logico che sussiste tra la approvazione del nuovo Statuto e la modificazione della legge elettorale regionale: senza il primo, ha spiegato la Corte Costituzionale ai legislatori regionali con sentenza del 2010, non può darsi il secondo. In sostanza, il famigerato listino del Presidente, croce e delizia di ogni tornata elettorale, è parte integrante del Tatarellum, il sistema elettorale in vigore per le regioni, e alla vigilia delle elezioni del 2010 il Consiglio regionale approvò una legge che ne prevedeva l’abolizione. Riforma, appunto, bocciata dalla Corte con la motivazione che deve esserci armonia tra la forma di governo prevista dallo statuto e la legge elettorale. Così, fino ad approvazione di un nuovo statuto, non si può intervenire con cambiamenti profondi sul sistema elettorale vigente.
Ora uno si aspetterebbe che, dati questi precedenti e data l’ansia di riforme che sempre dovrebbe caratterizzare un governo di centrosinistra, lo Statuto fosse stato un tema ossessivo della corrente, ormai morta, legislatura. Infatti, dopo 3 anni e mezzo di convegni, consultazione di esperti e di associazioni, redazione di bozze e successive modificazioni, lo Statuto non è stato approvato ed è stato rinviato alla successiva legislatura regionale. Di conseguenza, i tormenti sul listino e sulle quote rosa, e di quant’altro possa turbare i sonni del politicamente moderno e corretto, sono riaffiorati in fase di composizione delle liste. Soprattutto nel centro-sinistra. E come da manuale.
Tuttavia, poiché il candidato Presidente Pittella è stato membro degli ultimi due Consigli regionali e, diciamo, non esattamente come un consigliere di secondo piano, è possibile che il suo silenzio sul tema Statuto sia legato al desiderio di non focalizzare l’attenzione della pubblica opinione sui fallimenti passati della sua coalizione e, dunque, di se stesso. Il motto è (più o meno): tutto quel che non ho (non abbiamo) saputo fare in passato, potrà essere fatto in futuro, se solo vorrete eleggermi Presidente di Basilicata!
Ad essere onesti, l’argomento Statuto è stato virtualmente assente dalla campagna per le primarie ma nulla vieta, come ovvio, che riemerga in queste ultime settimane precedenti il voto. In effetti, il programma di Pittella, appena pubblicato in rete, dedica un certo spazio all’argomento, con ben 3 righe a pag. 73, in cui si afferma solennemente che è “Prioritario l’aggiornamento dello Statuto regionale”. E chi l’avrebbe mai detto!
Di passaggio, osservo che le successive tre righe, sempre di pag. 73, si occupano della stringente necessità di approvare una nuova legge elettorale che abolisca il listino bloccato e che introduca la doppia preferenza di genere. Come è noto, l’importanza di enunciare iniziative miranti ad affermare la parità di genere è sempre stato un “must” del rispettabile candidato di sinistra.
Prima di affrontare un paio di snodi cruciali del futuro, e ormai mitico, Statuto e della futura legge elettorale, possiamo però sottoporre Marcello Pittella e il Partito democratico ad un test di credibilità sull’invocazione della parità di genere nelle competizione elettorali. Segue domanda: ancor prima di aver approvato Costituzioni e nuove leggi, Pittella e il Pd hanno applicato il criterio della parità nella composizione delle liste? Risposta: nella lista del Presidente della provincia di Potenza è presente una donna candidata su 10 e nella lista materana nemmeno una (su 6 candidati). Dunque, il Pittella che invoca leggi elettorali a misura di genere, ha solo una donna su sedici nelle sue liste personali! E il Pd? Un po’ meglio: due su dieci a Potenza e due su sei a Matera. In conclusione, un misero 15% di donne candidate tra Pittella e il Pd, aspettando che la doppia preferenza di genere risolva in futuro tutti i problemi.
Va sottolineato che per quanto il processo di redazione dello Statuto fosse giunto nella scorsa legislatura ad uno stadio piuttosto avanzato, rimanevano comunque aperte opzioni alternative su alcuni aspetti fondamentali. Uno, sicuramente rilevante e sul quale mi soffermerò brevemente, concerneva la forma di governo regionale, lasciando la bozza di Statuto aperta la strada o ad una riconferma del vigente modello presidenziale o, in alternativa, ad un modello di tipo parlamentare, nel quale il Presidente della Giunta non è eletto direttamente dal corpo elettorale ma ottiene un voto di fiducia dal Consiglio regionale. Anche in virtù di questa incertezza sulla forma di governo, trovo sconcertante che Pittella si limiti a dire che è prioritario approvare lo Statuto. Va bene, ma quale Statuto? O è bazzecola tale la scelta della forma di governo che non val la pena di spendere troppe parole?
Personalmente, preferisco il mantenimento dell’attuale sistema ad elezione diretta del Presidente, anche se la campagna lucana delle primarie ci ha segnalato il rischio che il modello verso cui procede la piccola Basilicata possa essere più di tipo Sudamericano, Peronista, che sul genere presidenziale da democrazia matura, tipo USA, o semi-presidenziale europeo, alla francese, dove partiti e coalizioni giocano comunque un ruolo di rilievo.
Infine, sulla legge elettorale, si è apprezzata una presa di posizione dei Renziani, che in un documento pubblico hanno sostenuto la necessità di un sistema elettorale che valorizzi la rappresentanza territoriale. Cioè, se l’italiano ha un senso, un sistema basato su piccoli collegi uninominali, in cui la quantità di elettori, data la popolazione lucana e i 20 consiglieri regionali previsti, non sia superiore ai 30mila per collegio. È un’idea che condivido, avendola peraltro sostenuta in diversi interventi pubblici negli ultimi due anni, in quanto è parte integrante di un ammodernamento delle istituzioni e del superamento di un sistema barbarico di competizione elettorale in cui i candidati della stessa lista entrano in competizione feroce tra loro per accaparrarsi la preferenza. Cioè, si lotta in casa piuttosto che concentrarsi sul confronto tra posizioni politiche alternative. Inoltre, un sistema che privilegia, chiaramente, i candidati radicati nelle città più grandi della Basilicata e che ha anche il serio inconveniente di comportare dei costi notevoli, visto che il candidato deve procurarsi voti su un numero elevato di comuni e su un corpo elettorale che può raggiungere le 300mila unità.
A tal proposito, sarebbe bene che tutti i candidati mostrassero la più totale trasparenza nel documentare le spese sostenute e gli eventuali contributi, monetari o materiali, ricevuti.