Da anni è noto che il “Partito” non esiste più in Basilicata, o perlomeno in Basilicata più che altrove, sostituito da un coacervo di personalità che si tiene insieme nella gestione del potere e nella programmazione delle carriere individuali. Verrebbe in effetti voglia di picchiare il nostro caro, vecchio Pierluigi, che solo 18 mesi fa ebbe il barbaro coraggio di dichiarare pubblicamente che qui c’era la culla del moderno riformismo.
Agli albori della scorsa primavera, un faticoso compromesso (al solito, con definizione dei dettagli rigorosamente messa per iscritto) era stato raggiunto dai 3 Renzi’s boys: il piccolo governatore, Mario Polese, era l’estensore materiale dell’accordo; lo scalpitante Antezziano, Luca Braia, e l’onnipresente (nella tessitura di sani accordi dorotei), Salvatore Margiotta, erano gli altri due contraenti del pactum sceleris.
Essendo ormai quel patto sepolto dai funesti eventi successivi, non vale nemmeno la pena di soffermarsi più di tanto sui suoi contenuti. Basterà soltanto rilevare che, per un doroteo che si rispetti, il via libera per una segreteria regionale deve come minimo essere risarcito con una segreteria provinciale, corredata di un assessorato regionale. Dal che, peraltro, si può intuire come un ruolo minimo (o medio) nella definizione di questi accordi debba essere stato necessariamente giocato dal “grande” (nel senso di contrapposto al “piccolo”) Governatore, Marcello Pittella. Quindi, il rimpasto della giunta regionale, che oggi Pittella presenta come elemento di un nuovo “grande accordo” di partito, era una scelta già fatta alcuni mesi fa. Cioè, appena formata la giunta regionale di prestigiosi esterni, già si discuteva, evidentemente nel nome della continuità amministrativa, del come silurarla.
Il perché quell’accordo sia da ritenersi sepolto e, quindi, perché traballi paurosamente la candidatura di Luca Braia alla segreteria regionale, richiede di volgere velocemente lo sguardo al collasso di Potenza e alla fucilazione che per opera di una parte del Pd ha subìto l’autorevole candidato sindaco, Luigi Petrone. Provate, infatti, a mettervi per un momento nei panni di un Margiotta, insieme a Santarsiero il principale artefice della candidatura di Petrone: egli dovrebbe sostenere alla segreteria Pd il candidato di una corrente che nella sua propaggine di Potenza ha remato pubblicamente contro Petrone! Certo che ci sono cose che solo nella maionese impazzita del Pd lucano possono accadere: oggi mi candido alla segreteria regionale del Pd e domani organizzo una mia lista civica pro-Petrone (il piccolo governatore); oggi mi candido alla segreteria regionale (Luca Braia) e domani il mio sodale di corrente di Potenza (Giuzio), catapultato dal listino del governatore in Consiglio regionale, organizza un sostegno al candidato alternativo a Petrone, Roberto Falotico. Un mio amico d’infanzia, in casi come questi, se ne usciva sempre con l’esclamazione, quanto mai appropriata al caso di studio, “Roba da mettere le mutande agli asini!”
In sostanza, si potranno fare in futuro tutte le approfondite analisi sociologiche e politologiche sull’affare Potenza 2014 ma c’è una verità elementare, che non può sfuggire nemmeno al più fesso tra gli esponenti politici del Partito democratico lucano: visto che a Petrone è mancato solo qualche centinaio di voti per essere eletto al primo turno, se i Pittella e la corrente Antezziana avessero sostenuto lealmente Petrone (e si trattava di un loro preciso ed elementare dovere politico), il candidato del centrosinistra avrebbe vinto al primo turno! Tutto il resto è amabile cazzata in salsa lucana. Poi, certo, c’è anche l’amabile idiozia che Falotico rappresentasse un altro centrosinistra. Vabbuò, tiremm innanz!
E che dire del fronte D’Alemiano-Bersaniano-Speranziano? Molta confusione anche sotto quel cielo. Folino ha nuovamente minacciato di tornarsene in campagna, che poi altro non è che il suo personale modo di fare pre-dichiarazioni di guerra. Inoltre, sempre Folino, nell’ultima direzione regionale ha esternato tutto il suo mal di pancia per la scelta di Petrone, soprattutto perché fatta senza ricorso alle primarie: “Un serio professionista tutto Studio, Casa e Lions Club”. C’è da dire che Vincenzo si è riscattato quando ha detto: “avevo ragione, ma stanotte dopo la sconfitta non ho dormito, perché al paese mio si dice che la ragione è dei fessi!”
E ci sono comunque rilevanti novità anche in quell’area, per quanto riguarda le scelte congressuali. Lacorazza e Folino, dopo tanti anni di convivenza, sono destinati alla separazione consensuale. Infatti, Piero appoggerà la candidatura alla segreteria di Dino Paradiso, insieme a Vincenzo Santochirico, rompendo così il fronte pro-Luongo. Invece, la coppia Speranza- Bubbico resta per ora ferma sul sostegno a Luongo. A me pare abbastanza improbabile che Folino segua una strada differente da quella di Speranza e, soprattutto, da quella di Bubbico.
Uno dice: e l’accordo unitario al quale sta lavorando lo splendido trio De Filippo-Pittella-Speranza? Allora, i veti incrociati funzioneranno, più o meno, così: la Locantore è troppo Margiottiana; Luongo rappresenta il vecchio; Lospinoso è un candidato troppo debole; la scelta di Molinari, dati i cattivi rapporti recenti, costituisce un affronto per Margiotta.
Insomma, se la maionese è impazzita, a quale approdo volete che giungano questi balletti unitari? Dunque, stringiamoci a coorte e piangiamo a dirotto!