Una certa inclinazione al trasformismo Marcello Pittella l’aveva già mostrata durante le primarie per la scelta del candidato alla Presidenza della Regione Basilicata, quando per sovvertire i rapporti di forza con “l’apparato” aveva chiamato alle armi (si fa per dire) pezzi disponibili della Basilicata mobile, qual piuma al vento.
Tuttavia, nulla a che vedere con il capolavoro trasformistico odierno, che modifica la maggioranza di governo, eleggendo Mollica alla Presidenza del Consiglio, e l’allarga a forze in competizione con il Pd e con il centrosinistra alle regionali del 2013. Dunque, dopo il familismo umorale (il familismo condito dalle improvvisazioni caratteriali dell’uomo) ora abbiamo anche il trasformismo coloniale.
Perché “coloniale”?
Perché Pittella si è certamente piegato, magari con entusiasmo, a un diktat proveniente da Roma, da altri due campioni nazionali di trasformismo e di Verdinismo: Renzi e Lotti.
Alla Basilicata si è fatto probabilmente pagare anche il quorum al referendum anti-trivelle e il protagonismo, di fatto anti-Renziano, giocato da Piero Lacorazza nella vicenda.
Sicuramente, c’è anche una forte determinazione dei “romani” a mettere in campo tutte le forze disponibili in vista del referendum costituzionale di ottobre: chi perde va a casa e dunque in questa guerra non possono essere previsti prigionieri. In questo senso, va detto, è un po’ stucchevole il continuo richiamo che Speranza e molti altri della minoranza dem lucana hanno fatto in questi mesi alla ricerca della “Unità del Pd lucano”.
Esattamente come già avvenuto all’epoca della costituzione della giunta regionale, dopo mesi di trattative inconcludenti e di richieste perentorie sugli assessori avanzate da Speranza e da altri, Pittella li ha infilati in contropiede, facendo appunto quello che lui sa fare meglio: curare i propri interessi. (Nella prima versione del post l’espressione era più pepata, ma è meglio mantenere aperto il blog ai minori di anni 18)
Dunque, la Basilicata sotto inchiesta, a serio rischio di inquinamento (o probabilmente già inquinata), con la sua élite di governo sotto le lenti della magistratura, scrive con Pittella un’altra pagina nera della sua storia politica, cacciando a calci nel sedere il Presidente Pd del Consiglio regionale e, di fatto, creando le condizioni per mettere alla porta tutta la componente di sinistra del partito, non allineata a Renzi.
La svolta trasformistica in Basilicata guarda a destra, esattamente come avviene al livello nazionale. Infatti, nella maggioranza vengono imbarcate le componenti politiche del Consiglio tra le più retrive, per esempio, in materia di diritti civili (non che brilli, peraltro, per particolare progressismo la gran parte del gruppo consiliare Pd).
La mia impressione è che si avvicini sempre più il tempo in cui si renderà necessario in Basilicata promuovere l’emergere di nuove energie, di forze politiche e di movimenti che siano capaci di prendere in mano il governo della Regione.
Perché, ormai, non ci possono essere più dubbi: con questo ceto politico così screditato e con questo Partito Personale non si va da nessuna parte.