Questa mattina è morto a Potenza il mio vecchio amico Paolo Dicembrino, storico dirigente del Partito comunista di Matera negli anni 80 e successivamente dirigente della Confederazione Italiana Agricoltori di Basilicata. Era ancora piuttosto giovane, aveva 62 anni, ma la sua salute da qualche anno era diventata malcerta.
Ho conosciuto Paolo al principio del 1984, io studente universitario e lui Segretario cittadino del PCI di Matera. Un giorno, improvvisamente, Dicembrino mi convocò nella sede di Piazza Cesare Firrao e mi propose di candidarmi per le elezioni amministrative, che si sarebbero dovute tenere pochi mesi dopo. Ancora oggi, non mi è chiarissimo come gli sia venuta quell’idea, visto che io all’epoca non frequentavo né la Fgci nè il partito. Il Segretario della Federazione, come era definito a quei tempi il segretario provinciale, era Nicola Savino mentre il capolista per le Comunali sarebbe poi stato Giovanni Caserta.
In verità, Paolo era un dirigente politico assai particolare, con un forte senso etico della funzione e molto istintivo nei rapporti umani. Era anche assai poco incline alla gestione, nonché alla sopportazione, direi addirittura fisica, dei riti tattici della politica che, purtroppo, perfino in quell’epoca ed in quel glorioso partito abbondavano.
Il Segretario regionale del PCI, in quegli anni, era Piero Di Siena, noto per le sue proverbiali incazzature che, peraltro, in genere non risparmiavano nemmeno i venerati notabili del Partito. Ricordo, al proposito, un Michele Guanti furente perché trattato dal Di Siena in una pubblica riunione come uno scolaretto impreparato. Ma tra burberi, i due, Paolo e Piero, si intendevano, probabilmente anche per quella vena di sano integralismo che li accomunava. Per dire, il Dicembrino, adottando un soprannome che per Di Siena aveva coniato, pare, Umberto Ranieri, lo chiamava amichevolmente Pol Pot.
Devo dire che i miei anni, in effetti non tanti, di impegno politico attivo a Matera hanno rappresentato per me un’esperienza gradevole e formativa soprattutto per la presenza di Paolo. Diventammo rapidamente molto amici, così come con Tina, sua compagna e dirigente storica del PCI materano, e ci vedevamo spesso anche al di fuori della vita ufficiale di partito, che a quei tempi era in verità piuttosto intensa.
Pochi anni dopo, meditato un po’ sul che cosa fare da grande, scelsi di continuare i miei studi di economia a Modena e, dunque, presi la decisione di non seguire le sue orme di dirigente politico professionale. Poi, verso la fine degli anni 80, Paolo diventò Presidente provinciale della Confederazione Italiana degli Agricoltori, che credo a quel tempo si chiamasse Confcoltivatori.
Per i dirigenti politici, dopo anni trascorsi al partito, era un passaggio naturale o ottenere una candidatura per l’elezione nelle istituzioni o, in alternativa, un incarico di relativo prestigio di questa natura. Personalmente, credo che Dicembrino avesse accolto di buon grado questo cambiamento esistenziale. Infatti, si era alla vigilia delle grandi trasformazioni politiche che avrebbero portato alla dissoluzione del Partito Comunista ed alla traversata successiva nel deserto dei compagni. Una traversata che, forse, non si è ancora conclusa.
Penso che Paolo abbia sempre vissuto con personale disagio, sia quella evoluzione che le lacerazioni politiche e, inevitabilmente, personali che quel percorso accidentato, nel tempo, accompagnarono.
Negli ultimi anni, purtroppo, abbiamo avuto sempre meno tempo e occasioni per vederci e parlare.
Il mio ciao al grande compagno Paolo ed un abbraccio ideale a Tina, Enzo ed a tutti i parenti e le persone a lui vicine.
Nulla da aggiungere a quanto di Paolo scrive Antonio Ribba. Io lo ricordo per averlo avuto per pochi mesi collaboratore al momento in cui, in provincia di Matera, si dava avvio alla CNA Nonostante la giovane età e la fedeltà al comunismo, i cui principi, almeno come istanza etica, io ritengo ancora validi, Paolo, pur giovane, sapeva rapportarsi agli altri, compresi gli avversari, consapevole che il comunismo, il socialismo, o, più genericamente, la giustizia sociale, si costruiscono anche a piccoli passi. La sua presenza tra gli artigiani, i commercianti e, infine, tra gli agricoltori, a fare assistenza nel senso più nobile del termine, era il posto giusto per lui. Dopo l’involuzione avvenuta a partire dalla caduta del muro di Berlino, ogni nostro incontro, pur raro, in via Torraca, era una piacevole e affettuosa conversazione, in cui immancabile era il ricordo di come eravamo e il rimpianto per quello che avremmo dovuto essere e, purtroppo, con rimborsopoli e altro, non siamo.