All’indomani della manifestazione, ho scritto anch’io a mio modo nel social network il mio parere sulla manifestazione festaiola lucana.
Difendere una iniziativa riuscita – della portata internazionale come quella dello scorso Capodanno per la prima volta nella nostra regione – dalla stampa nazionale che non apprezza il nazional popolare, che non immagina quanto questo significhi per una terra come la nostra, è come scagliarsi contro i mulini a vento. Doverlo fare dai criticoni locali che si scagliano contro il Capodanno in piazza è doppiamente avvilente. Personaggetti (cit.) che hanno perso da anni (qualcuno pure da decenni) la capacità di divertirsi e progredire economicamente e culturalmente e vogliono mettere queste manette anche ai propri concittadini. La festa di capodanno più importante d’Italia a Matera in piazza e voi a lamentarvi. Non ci sono parole, anzi sì, ma sarebbero troppo volgari.
Poi c’è il buon Rossano Cervellera, che scrivendo (sicuramente) meglio del sottoscritto dedica una sua opinione sul Quotidiano di ieri: “La Basilicata esiste, ora bisogna fare i lucani“, che consiglio di leggere:
Eccoli i novelli Jorge da Burgos. Si aggirano in quella grande abbazia benedettina che è la rete. Lanciano anatemi e
mettono in guardia gli infedeli. Festeggiare il capodanno è stupido e inutile. Il popolo va educato. Basta trombette e cappellini. I trenini, poi, sono bellissimi ma non portano mai da nessuna parte. E’ ora di finirla coi giullari di palazzo. Ci vuole serietà, sempre e comunque. Così il capodanno in piazza a Matera diventa una pagliacciata. Si doveva parlare di Levi e Pasolini, e a mezzanotte niente spumante, meglio una bella tisana rilassante.
I lucani non sono come Papaleo e non dovrebbero farsi rappresentare da lui. Un po’ come dire che i romani non sono come er monnezza e i baresi come Checco Zalone. Banalità. E allora come sono e come devono farsi rappresentare i lucani? Qualcuno può dirlo? E che cos’è la cultura? Domande che manderebbero in brodo di giuggiole schiere di finissimi interpreti del pensiero unico moderno, ma è capodanno, diamine. A capodanno, da che mondo è mondo, ci sono i ricchi premi e i cotillon, mica i simposi sulle poesie di Brecht.
Molto più misurato è stato Sergio Ragone, anche lui si domanda: “perché certa stampa nazionale sta provando a sminuire la grande prova di maturità della Basilicata, regione che per molti non è presente nemmeno sulla cartina geografica, perseverando nel racconto delle poche cose che non sono andate?”. Il suo post si intitola “Quello che non vi hanno detto del Capodanno a Matera“.
Quello che non si è visto nelle ore di diretta Rai è il sentimento di orgoglio di un popolo, quello lucano, che per una notte si è sentito centro del mondo per la sua bellezza. Finalmente! Un orgoglio pulito, senza esagerare nei toni, con lo stile di chi da sempre ha messo l’umiltà e il lavoro prima di ogni altra cosa. Per questo stupisce ancora il carattere dei lucani, raccontato benissimo da Leonardo Sinisgali:”Il lucano non si consola mai di quello che ha fatto, non gli basta mai quello che fa. Il lucano è perseguitato dal demone della insoddisfazione.”
Ma torniamo a Eliana, che da osservatrice attenta e coinvolta riporta che “qualcosa si è perso, nelle cronache di questo inizio d’anno: della festa che ha coinvolto una città intera non si è letto nulla”.
Ancora ieri, 4 gennaio, i principali quotidiani italiani hanno dedicato intere pagine al messaggino con la bestemmia che ha inquinato il Capodanno in piazza e la diretta della Rai, assieme ai 40 secondi con cui la mattacchiona Tv di Stato ha anticipato l’arrivo del 2016. Due mancanze che non dovevano esserci e per cui chi ha sbagliato va sanzionato, senza alcun dubbio.
Ma est modus in rebus, ci insegnava Orazio.Di senso della misura, in questa vicenda, se n’è visto poco. Dello spettacolo, del calore che ha avvolto cantanti e artisti, grazie a una folla inimmaginabile (materana in primis, tanta gente è arrivata da diversi paesi e città del Sud ), non c’è stata traccia nei resoconti dei giornali. Sulla perfetta organizzazione dell’amministrazione, che ha retto all’urto di 50mila persone – di tutte le età, in piazza a gioire con Malika Ayane e Renzo Arbore, a cantare «O’ Sarracino» e le canzoni di Francesco Renga – non si è soffermato nessuno.
Qui potete leggere integralmente il suo intervento. “E le voci ostili e lamentose?” si starà chiedendo qualcuno. Quelle le trovate su “certa stampa nazionale” e su gran parte dei blog locali, quindi le avrete certamente lette. Ometto di rilanciarle perchè abbiamo assistito da testimoni ad un cambio di paradigma, formalizzato da Renzo Arbore nella piazza di Matera, quando ha cantato che “il materano è la felicità”.
A proposito, il “maestro” (sì per me è tale, non solo di televisione ma anche di musica, che per inciso secondo me è cultura) mi ha detto di preferire la Basilicata alla Puglia per il suo capodanno televisivo.
E il materano non è un cittadino ma un concetto più ampio, che va dal territorio della provincia, alle sue coste, fino a Maratea e a Potenza da un lato e all’hinterland murgiano dall’altro. In questo senso, il “materano è il massimo che c’è”.
Chiudo con un servizio scritto a quattro mani con la brava collega Antonella Losignore per TRMtv. Così, vi ascoltate pure Arbore.