Oggi la Repubblica pubblica un’intervista rilasciata da Enrico Letta qualche settimana fa, dunque prima della nomina a Presidente del Consiglio, alla rivista Limes. L’ultima risposta di Letta è una mezza bomba per la Basilicata. Infatti, parlando di riforme di sistema, egli dichiara:
“….Per quel che riguarda le regioni, il problema principale è la loro asimmetria: si dovrebbe riprendere lo studio della Fondazione Agnelli degli anni Ottanta sul riordino delle regioni, che aveva una sua logica. Infatti, oggi è impossibile attuare le stesse politiche per una regione che equivale l’Olanda e per una che ha gli stessi abitanti di un quartiere di Roma. Su questo tema si devono attuare logiche d’integrazione….”
È bene ricordare che la proposta della Fondazione Agnelli prevedeva la costituzione di dodici regioni e, quindi, diverse soppressioni di enti regionali, con successivi accorpamenti. Per la Basilicata, ovviamente soppressa nella logica dello studio, era previsto uno smembramento, con una parte accorpata alla Campania ed un’altra annessa alla Puglia.
Va sottolineato che la tesi della Fondazione Agnelli, oggi ripresa dal neo-Presidente del Consiglio, ha una sua ragion d’essere ed è del tutto legittima. Il mio personale parere, peraltro, è che si tratti di un’impresa non strettamente necessaria: quel che davvero conta, è che i piccoli numeri demografici si sposino con una dimensione minima efficiente nell’erogazione dei servizi pubblici ai cittadini e con la capacità di promuovere un progetto di sviluppo socio-economico. Quel che invece è certo è che gli sprechi, soprattutto oggi, vanno definitivamente banditi. L’altro elemento importante da chiarire è se oggi esistano ancora (o se siano mai esistite) identità regionali che meritino di essere preservate. E forse la risposta, anche su questo punto, è positiva.
In ogni caso, ci sarà modo di riparlarne, nonché di approfondire la questione delle Macro-Regioni. In questo momento è però cruciale che i nostri tanti generali lucani di stanza a Roma, soprattutto i generali dell’esercito Letta, si pronuncino con chiarezza, e senza ambiguità alcuna, sulla proposta di soppressione della Basilicata avanzata dal Presidente del Consiglio. Tra l’altro, il Generale Speranza e il Generale Vice-Ministro Bubbico, insieme alla Generalessa Antezza, sono indicati nella rosa dei possibili candidati alla Presidenza della Regione. È, dunque, doveroso che essi-e dicano con chiarezza se si candidano con l’intento di essere l’ultimo Governatore nella storia della Regione Basilicata. Naturalmente, è bene che anche tutti gli altri parlamentari lucani, del Pd e non, prendano posizione sull’intervista di Letta.
Non trascuriamo nemmeno, nella richiesta di esternazione delle opinioni, i generali Pd di stanza a Potenza ed a Bruxelles: Vito De Filippo, supponiamo, si è dimesso in conseguenza dello scandalo sui rimborsi illeciti e non certo perché ha saputo in anteprima dal suo autorevole capocorrente della volontà di sopprimere la regione di cui egli era presidente; Gianni Pittella, altro antico Lettiano, che addirittura si sta candidando alla segreteria nazionale del Partito democratico, è un altro importante generale che dovrebbe immediatamente chiarire la sua posizione riguardo al futuro delle piccole regioni come la Basilicata.
Infine, sottolineiamo che si tratta di materia su cui non si ricordano prese di posizione del Movimento 5 Stelle. Probabilmente, perché fino a qualche tempo fa poteva sembrare una materia di studio più che incombente agenda di governo. Ma ora, come è ovvio, l’esternazione di Letta ha cambiato tutte le carte in tavola.
Per comodità dei lettori inseriamo in coda al post il link all’intervista rilasciata da Enrico Letta ed il collegamento ad un articolo di oltre vent’anni fa del Corriere della Sera sulla proposta avanzata dalla Fondazione Agnelli.
Intervista ad Enrico Letta – Articolo del Corriere della Sera
Previsioni del tempo: Pioggia su Puglia, Campania e Calabria.
Tranquilli, siamo così piccoli che rischiamo di essere dimenticati anche in sede di tagli …
Battute a parte, al netto della necessaria resistenza fino al ragionevole, sarei curioso di ‘leggere’ le preferenze dei nostri amici potentini e della relativa provincia, dando per scontato la pugliesizzazione della provincia materana nel malo caso di evaporazione della Basilicata:
andate a Bari o a Napoli?
Personalmente sarei forse più seccato di trovare il Pollino in Campania che Matera in provincia di Bari…
Forse, e al di là del destino della piccola Basilicata, sarebbe importante capire se nelle trattative per la formazione del governo si sia parlato di aggregazioni di regioni del Nord che vadano anche oltre la originaria proposta della Fondazione Agnelli. Non lo credo, ma sarebbe certamente grave se si fosse blandita la Lega con ipotesi di questo tipo.
Penso che i materani si divideranno prevalentemente tra indifferenti e favorevoli all’espatrio in Puglia. Invece, la botta sarà di sicuro molto forte a Potenza, e credo che il Pd potrebbe avere un danno notevole alle future elezioni regionali. Poi è anche chiaro che adesso inizierà il balletto delle smentite e delle precisazioni. Solita litanìa, ma i gusti di Enrico Letta sono stati espressi in modo assai chiaro.
Poiché, e non da oggi, sono stato tra i pochissimi, anche per iscritto, a sostenere la tesi che non sempre “piccolo è bello”, sento il bisogno di intervenire sulla questione. Generalmente, nel sostenere la necessità o l’opportunità che piccole Regioni scompaiano, si fa una questione di costi. In realtà, il problema dei costi può apparire insignificante rispetto alla mole del debito pubblico. Il fatto, invece, è d’ altro genere. E’ un dato incontrovertibile che la Basilicata, con i suoi 575.000 abitanti, soffre di una condizione di tragica inferiorità, che è condanna ed emarginazione, perché, con tale peso demografico, essa, messa a confronto con i 4.500.000 abitanti della Puglia, ha poco o nulla da far valere.
Ma c’è di più. Anche sotto il profilo culturale e delle potenzialità umane, essa è necessariamente inadeguata. Le funzioni delle piccole Regioni sono le stesse delle grandi Regioni, e quasi sempre più difficili. Le piccole Regioni, però, hanno un numero inferiore di consiglieri, scelti, peraltro, all’interno di un bacino umano e culturale assai ristretto e di livello mediamente non eccellente, se non mediocre e basso. Lo stesso vale per le strutture tecnico-scientifiche che devono svolgere ruoli di alta qualità e delicatezza. Voglio dire che i supporti tecnico-scientifici, che gli amministratori regionali di Basilicata possono utilizzare, sono pochi e di basso conio. Se poi a questo si aggiunge che, in una regione piccola, scatta quasi fatalmente il familismo amorale di famiglia e quello immorale di partito, si spiega – come si vede anche dai recenti scandali e arresti – come vengono distribuite cariche che richiedono, invece, grande professionalità, capacità e, diciamolo pure, grande onestà. Tutto, invece, si gioca fra poche famiglie e persone, che si spostano disinvoltamente da una parte all’altra.
Qualcuno potrebbe tirar fuori, al solito, l’identità culturale, e spero non etnica della Lucania Basilicata. Tutto invece, fa credere che l’identità meglio emerge, più che nell’isolamento, attraverso il confronto e nel raffronto. Ma forse non esiste nemmeno la Basilicata come regione di sicura definizione e tradizione. Già nel nome. La Lucania Basilicata, secondo il grande geografo Umberto Toschi, “più che una regione definita, è un’area residuale.” E’ anche il parere del geografo Giuseppe Isnardi, secondo il quale “la Basilicata è regione assolutamente priva di unità fisica, anzi inesistente”. In effetti, a parte l’affinità di suono, che c’entra Matera con Maratea? E Melfi con Lagonegro? E, diciamolo pure, Matera con Potenza?. Eliminare la Regione, del resto, non significa litigare. Ad acuire i contrasti tra Matera e Potenza, invece, è stata proprio la Regione, che ha stabilito un rapporto di dipendenza di Matera da Potenza, facendo dell’una una città spoglia e, dell’altra, un vero e proprio mostro urbanistico e burocratico… Cui prodest?
Su questo tema occorre essere laici ed ammettere che lo smembramento della Basilicata è un’ipotesi non campata per aria. E’ anche giusto il riferimento di Caserta al “piccolo è bello” tema che, in effetti, fu dibattuto negli anni 70 in relazione alla “giusta” dimensione d’impresa. Per il momento, io continuo a pensare che la Basilicata possa essere conservata come regione autonoma, anche considerando gli importanti tagli del governo Monti sulla dimensione del Consiglio regionale e più in generale sui costi di funzionamento dell’istituzione. Questo perchè, mentre concordo con Giovanni Caserta che il tema dei costi non debba essere il principale, tuttavia in tempi di crisi profonda non può nemmeno essere tralasciato.
Infine, sull’argomento secondo cui i piccoli numeri non consentono selezione di personale tecnico e politico adeguato, segnalo che l’affermazione è in contrasto con quel che dicono alcuni indicatori di efficienza relativa della Regione Basilicata, per fare solo un esempio nella capacità di spesa dei Fondi Europei rispetto alla media nazionale.
Che poi ci sia da cambiare radicalmente il modello di gestione politica del sistema lucano è verità incontrovertibile.