Invece, la importante presa di posizione anti-Renziana sull’Italicum, con connesse dimissioni da capogruppo Pd, e la successiva scelta di non votare la fiducia sulla legge elettorale, forse, indicano che Speranza ora è diventato grande.
La mia impressione è che tra i cittadini, tra gli elettori del Pd e nella pubblica opinione, non sia ancora del tutto chiara la gravità della scelta di Renzi. L’Italia ha in questa legislatura la Camera dei Deputati eletta con un sistema maggioritario e il Pd, con il 25% dei voti conseguiti, gode da solo della quasi maggioranza assoluta in quel ramo del Parlamento. Bene, con il 25% dei voti, qualche alleato che forse vale un altro 3% e una decina di transfughi da altre forze politiche, Renzi si appresta a cambiare le regole del gioco elettorali e, nella sostanza, la forma di governo. Per di più, lo fa imponendo al Parlamento un voto di fiducia. Una mostruosità politica, ai confini della legittimità democratica!
Per queste ragioni plaudo alla scelta di Speranza, e degli altri parlamentari provenienti dalla tradizione del cattolicesimo progressista e dalla sinistra Pd, di dissociarsi con nettezza da Renzi.
Il quale Renzi, appartiene alla categoria dei “Pazzi al Potere”, per usare la metafora di Keynes nel capitolo finale della Teoria Generale, ad indicare il distacco dell’intellettuale dagli uomini politici assetati e accecati dal potere (notare, peraltro, che Keynes scrisse quelle parole nel 1935).
O forse, ancora meglio, Renzi incarna l’ideale del principe di Machiavelli: il Duca Valentino, che in nome dell’interesse superiore del Principato, sterminò i suoi nemici (in senso letterale) in tranelli e agguati, uno dopo l’altro. Alla fine, il Valentino perse la partita e fu sconfitto. Per pura sfortuna, scrive Machiavelli. Naturalmente, agguati e tranelli in nome della ragion di Stato, al giorno d’oggi, non richiedono finali così cruenti, come ai tempi del Duca. Ma vedremo se Renzi sarà più fortunato.
Tornando a Speranza e ai dissidenti, ci sono ora due possibili strade davanti. La prima, l’Italicum non viene approvato nel voto finale, segreto, e Renzi cade. Per questo scenario, sarebbero necessari almeno 100 oppositori interni al gruppo Pd. Più probabilmente, saranno alla fine tra i 60 e gli 80. Ma se la legge elettorale fosse approvata, cioè se Renzi dovesse “vincere” la partita, a quel punto resterebbe solo la seconda strada: uscire dal Partito democratico per (ri)creare una vera forza di centrosinistra, capace di riforme serie senza avventure politiche. Lasciando così a Renzi la cura del centro mobile-opportunista.
Che lo scegliere questa seconda strada, alla fine, possa rivelarsi inevitabile, è indicato dalla stessa natura del sistema politico-elettorale che ci si appresta a varare. Infatti, l’Italicum garantisce una maggioranza chiara ma non elevata alla Camera dei Deputati, pari a 25 deputati. Dunque, nel preparare le future liste elettorali, il segretario-presidente Renzi garantirà al più un diritto di tribuna alla minoranza interna. Diciamo 5-10 deputati? Irragionevole, dunque, restare nel Pd in passiva attesa dello sterminio!
Roberto Speranza, alla luce della leadership politica e morale di questi ultimi giorni, potrà essere uno dei principali protagonisti di questa nuova formazione. Se modererà una sua innata tendenza dorotea ed emenderà il suo linguaggio, talvolta troppo incline al politichese colto ma, soprattutto, se confermerà la capacità di ancorare l’attività politica ordinaria ad un sistema di valori riformista e democratico, potrà aspirare al ruolo di leader di questa nuova forza politica.
Antonio Ribba