“Non si possono chiudere le porte in faccia alle stelle perché non pagano il dividendo”, scrisse John Maynard Keynes 80 anni orsono. Non esattamente un fondamentalista dell’ambiente!
Due settimane fa abbiamo motivato le ragioni del nostro sì al prossimo referendum del 17 aprile. Qui le ribadiamo e le integriamo, in un breve post scriptum, stimolato soprattutto dagli sviluppi più recenti dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata.
Uno dice: e cosa c’entrano le motivazioni del sì al referendum sulla durata delle concessioni per le estrazioni di petrolio e di gas in mare, con i due filoni dell’inchiesta, rispettivamente, su traffico e smaltimento di rifiuti e sul traffico illecito di influenze connesso al progetto Tempa Rossa?
C’entrano per il seguente, fondamentale motivo: l’inchiesta in corso rivela che il rischio ambientale, intrinseco alle attività connesse all’estrazione di petrolio, può essere drasticamente amplificato da comportamenti fraudolenti. Comportamenti che, peraltro, laddove provati, non indicherebbero altro che la subordinazione delle regole e, di conseguenza, della salute degli esseri umani, all’ossessione del massimo profitto privato, con associata grave sottovalutazione dei costi pubblici.
Per paragone, prendiamo il caso Volkswagen. Questa grande impresa automobilistica rischia il fallimento e ha distrutto la propria reputazione dopo la scoperta di una manipolazione dei dati sulle emissioni inquinanti prodotte da alcune sue tipologie di auto. Perché Volkswagen lo ha fatto? Una insanità mentale improvvisa da parte di 2-3 dirigenti dell’azienda? La verità, probabilmente, è un’altra: la concorrenza su scala mondiale tra i grandi gruppi multinazionali è diventata forsennata e, a quanto pare, si svolge talvolta (o spesso, non possiamo saperlo) ai confini del lecito.
Quindi, alle diverse ragioni per il sì al referendum del 17 aprile aggiungiamo qui l’importanza di esprimere un voto, al di là dell’importante ma circoscritto significato tecnico del quesito, a favore di una maggiore attenzione alla tutela dell’ambiente, rivolta al governo e al parlamento. Possibilmente, un voto anche a favore di una maggiore distanza, non tra governanti e governati, ma tra governanti e multinazionali.
Se esiste un fondamentalismo ambientalista è altrettanto evidente, dal dibattito di questi giorni, l’esistenza di un fondamentalismo industrialista, che appare inorridito dalla ipotesi di abbandonare, o almeno di limitare, la produzione di petrolio in Italia. Questi tardo esegeti della società industriale non hanno compreso che il petrolio è il passato remoto, non il futuro, delle moderne economie di mercato. Per certi aspetti, e leggermente esagerando, ricordano i difensori delle ragioni dei fabbricanti di candele all’epoca dell’avvento dell’energia elettrica.
Occorre comprendere che una nazione ricca come l’Italia, sebbene con ricchezza mal distribuita e con importanti sacche di povertà, concentrate soprattutto nel Mezzogiorno, può compiere consapevolmente la scelta di rinunciare ad estrarre una materia prima fossile come il petrolio, avendo la consapevolezza dei maggiori costi di produzione per le imprese che saranno però compensati da una maggiore sicurezza per l’ambiente e da maggiori tutele per la salute dei cittadini. Si trasferirà così il maggior inquinamento all’estero, presso i paesi produttori? Ma amici nostri iper-industrialisti, abbiate pazienza: le comunità e le nazioni devono potersi autogovernare e scegliere le strade dello sviluppo che ritengono più congeniali o, al limite, praticabili. Con o senza petrolio!
Inutile qui riprendere la litania delle royalties, ci sarà tempo anche per questo. Basti per ora solo dire che nel 2016 le royalties incassate dalla Regione Basilicata ammonteranno a 60-70 milioni di euro, ovvero la miseria dello 0,6% del Prodotto interno complessivo regionale annuale. Quali investimenti e quali compensazioni potranno garantire queste limitate risorse aggiuntive? E questi livelli minimi di entrata da royalty saranno quasi certamente confermati anche nel 2017, mentre il futuro resta comunque molto incerto. Ma, lo ripetiamo, ci saranno altre occasioni per parlare della complessiva strategia regionale in tema di petrolio ed estrazioni.
Per intanto, andiamo a votare sì il prossimo 17 aprile.