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A proposito di migrazione sanitaria, riforma sanitaria lucana e mie utopie

(DI LUCIANO DI PALMA) – Recentemente il quotidiano Nuova Basilicata riportava in prima pagina la notizia (poi ripresa anche da altri) che la mobilità attiva ospedaliera in Basilicata (cittadini di altre regioni che si ricoverano nella nostra regione) supera addirittura quella passiva (i nostri che si ricoverano altrove).

Sono rimasto sorpreso da questa bella e favorevole novità, ma anche alquanto scettico per via delle inclementi graduatorie del Sole24Ore che danno la provincia di Matera col più alto tasso di migrazione sanitaria in Italia (110° posto su 110 province), e Potenza vivacchiante poco al di sopra (101°), coinvolgendo in media ponderata il 24% dei lucani: cioè un lucano su 4 va a farsi curare altrove.

Andando quindi a verificare qualche numero (e su Internet chiunque può trovare dati in abbondanza), leggo che per l’ultimo anno la Basilicata incassa in immigrazione sanitaria circa 61,6 milioni di €, ma ne spende per emigrazione 93,1 con un saldo negativo di 31,5 milioni di €.

Quali sono le fonti a cui ha attinto il giornalista per il suo articolo resta un mistero. Ora per dare alcuni numeri che, al di la delle parole, sono indiscutibili, dai conti economici 2015 riclassificati per presidi ospedalieri della regione, si evince che le entrate per mobilità attiva sono:

I valori assoluti suddetti possono portare a conclusioni affrettate (se non di comodo) se non rapportate ad altri numeri quali i costi dei singoli Ospedali come riportati nelle stesse tabelle regionali:

Di qui possiamo ricavare un indice di attrattività di ciascun nosocomio (Costi/ricavi da pazienti fuori regione) messi in graduatoria:

In altre parole significa che se per l’IRC di Rionero il 25% dei costi è coperto da pazienti di altre regioni, per il S.Carlo di Potenza vale solo per il 7%.

Quali considerazioni si possono fare da questi noiosi dati?

Ma perché in questo momento questo tipo di valutazioni può essere importante? Forse non tutti sanno che in questi giorni è in dirittura di arrivo la riforma del sistema sanitario lucano che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2017, e poiché la salute ci riguarda tutti, possono interessare delle considerazioni su quanto accadrà.

Va detto innanzitutto che questa riforma deriva dall’obbligo di applicare una direttiva europea che impone dei precisi limiti orari e di turnazione per il personale sanitario finora largamente disattesi. Se nulla cambiasse ci sarebbero sanzioni e per evitare di accentuare la già cronica carenza di personale vanno trovate soluzioni che non devono implicare aumenti di costi.

Questi infatti devono rispettare la legge di stabilità che prevede rigorosi limiti di finanza pubblica in questo caso rapportata al 2004. Questi obiettivi appaiono in apparente opposizione tra loro, da un lato si pensa ad un incremento di costi, dall’altro ad un contenimento.

Per risolvere questa quadratura del cerchio, in commissione sanità c’è un vivace dibattito che, accanto a misure condivise quali l’elisoccorso24ore in tutti i comuni e potenziamento del 118, probabile ridimensionamento di ospedali minori, discute intorno a 2 modelli alquanto antitetici:

  1. il primo è il modello storico potenzacentrico che prevede il consolidamento del S.Carlo su cui continuare ad investire le maggiori risorse col suo DEA di II livello ed al quale dovrebbero confluire tutte le patologie di un certo livello dei lucani.
  2. Il secondo prevede l’eliminazione di questo costoso DEA di II livello (questi DEA originariamente furono previsti dall’ordinamento nazionale 1 ogni popolazione compresa tra 600.000 ed 1.200.00 abitanti per far fronte ai costi e sfruttarne al meglio l’utilizzo, e credo solo per la Basilicata sia stata fatta una dispendiosa eccezione); creazione alternativa di 2 DEA di primo livello, con accordi interregionali come previsto dalla Finanziaria 2014 del governo nazionale per le terapie di eccellenza non sempre praticabili in regione

Considerando il peso politico nella commissione, le prese di posizione che si leggono sui giornali in questi giorni, un certo disinteresse dei non addetti ai lavori, non è difficile prevedere fin da ora quale modello prevarrà, sia pure con qualche compromesso di facciata.

  1. Poiché io invece sono tra quelli che riterrebbero più utile ai lucani il secondo sia economicamente che funzionalmente, porrei i miei dubbi sotto forma di 10 classiche domande a quei politici che si battono per il primo, e chissà che qualcuno legga questo blog e mi dia qualche risposta correggendo le mie utopie e convincendomi del contrario.
  2. Poiché per più decenni i sostanziosi investimenti incentrati sul S.Carlo non hanno accresciuto il suo potere attrattore extraregionale, non è il caso di cominciare a valutare percorsi diversi da quello infruttuoso praticato finora?
  3. Il CROB di Rionero è molto funzionale da questo punto di vista. Non sarebbe il caso di cominciare a risparmiare concretamente eliminando duplicazioni richieste dal S.Carlo visto come ospedale totale? Ad es. cosa serve un’oncologia a PZ con un intero ospedale oncologico a 30 kilometri con dispendiose duplicazioni strumentali e primariali?
  4. È possibile che il malato di tumore proveniente da Matera, Policoro o Lagonegro si sobbarchi la trasferta di oltre 100 km, mentre quello di PZ non possa sopportarne 30?
  5. Il modello dipartimentale regionale come la Reumatologia, incentrata su una figura primariale di affidamento dimostrato dai numeri e che ovviamente deve essere presente anche nelle altre sedi, non potrebbe essere replicata anche in altri ospedali periferici considerando che le sedi periferiche sono più attrattive per i fuori regione, e non obbligatoriamente allocati a PZ?
  6. Nulla vieta, ad esempio, che un chirurgo apprezzato con sede dipartimentale a MT, si rechi ad operare casi selezionati anche in altri nosocomi. Non è detto che solo i pazienti si debbano muovere, ma può accadere anche per i dirigenti medici come in tanti casi già accade. Ricordo che è sempre valida la quinquennalità del rapporto primariale al termine del quale se non adeguato alle necessità, si può cambiare. Tutto questo non comporterebbe risparmi e avvicinerebbe le comunità regionali tra loro sentendosi realmente serviti da un servizio che cerca di essere omogeneo?
  7. Considerando che per la Provincia di Matera si spende storicamente in Ospedali meno di un quarto, mentre in rapporto alla popolazione ne spetterebbe un terzo, non sarebbe il caso di cominciare a riequilibrare questo scompenso che ha visto da sempre vantaggi unidirezionali, mentre le tasse sono uguali per tutti?
  8. Al contrario se continuerà a prevalere il modello centralistico (un sole, la città regione, intorno al quale ruotano i vari satelliti visti come semplici portatori d’acqua), la migrazione sanitaria specie nel materano non crescerà ulteriormente?
  9. Hanno reale interesse a diminuire la migrazione sanitaria i nostri amministratori?
  10. E tutto questo non incrementerà quella voglia scissionista alimentata dalla amministrazione troppo costosa delle piccole regioni che fa propendere per le macroregioni?
  11. Per l’ultima preferisco autocensurarmi …
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